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Sinner un leader come Panatta. Lo strano doppio ricorda il 1998

Il numero 4 del mondo azzurro ha trascinato la squadra: Adriano fece lo stesso in Cile. E con Sonego ricorda Gaudenzi-Nargiso

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Un novembre tennistico che ci rimarrà nel cuore e nel cervello. Dopo le ATP Finals di Torino, le Finali di Coppa Davis a Malaga e l'elemento in comune è stato Jannik Sinner. L'altoatesino, capace di spingersi all'atto conclusivo del Master di fine anno (primo italiano a farlo), ha trascinato l'Ital-tennis all'atto conclusivo di ieri contro l'Australia, riportando il Bel Paese nella Finale della Davis 25 anni dopo l'ultima volta e conseguendo il trionfo a 47 anni dall'ultima e unica volta in Cile. Storie di intrecci in cui i punti di contatto ci sono, a prescindere dall'esito.

Nel 1976 il «Sinner» di quell'Italia era Adriano Panatta, vincitore del Roland Garros e del torneo di Roma quell'anno e in grado quella stagione di spingersi al n.4 del mondo, come Jannik. Un giocatore che in campo dava sicurezza alla squadra, con la sua classe e il suo tennis elegante, e in coppia con Paolo Bertolucci era spesso vincente.

Un'amicizia sincera quella con quest'ultimo, oltre il campo da gioco, nata quando entrambi da ragazzini si dividevano tra tennis e scuola, prendendosi in giro come due fratelli. E così, in quell'atto conclusivo contro il Cile, i due si dimostrarono ancora una volta una cosa sola, indossando una maglietta rossa per sodalizzare con il popolo cileno afflitto dalla dittatura di Augusto Pinochet. Per questo, la trasferta sudamericana fu accompagnata da non poche polemiche, per le correnti politiche interne al nostro Paese che spingevano per un boicottaggio della Finale. Contro tutto e tutti, ma probabilmente fu anche per questo che quella squadra, formata inoltre da Antonio Zugarelli e da Corrado Barazzutti e capitanata da Nicola Pietrangeli, si compattò e seppe prevalere.

Nel 1998 Bertolucci passò dal campo alla panchina, guidando una generazione in cui non c'era il Sinner della situazione, in grado di togliere le castagne dal fuoco. Il faro però era indubbiamente Andrea Gaudenzi, che in Davis sapeva esaltarsi alla Lorenzo Sonego dei tempi moderni e gettare il cuore oltre l'ostacolo. Accadde proprio questo nella Finale del Forum di Assago contro la Svezia. Nella sfida contro Magnus Norman, che nel 2000 si spinse alla Finale del Roland Garros, il faentino andò oltre la sua condizione fisica per dare quel punto all'Italia. Uno smash a tutto braccio nel quinto set costò carissimo al giocatore italiano: la spalla destra cedette.

Colui che oggi è il presidente dell'ATP aveva rimandato l'operazione ai tendini prima di quel confronto e lo sforzo fu tale che il sogno sfumò in quella maniera. Amarezza e delusione erano nell'animo di tutti, tra cui Diego Nargiso, che con Gaudenzi aveva formato un doppio eccezionale in cui le mancanze da fondo dell'uno venivano compensate dalle giocate dell'altro e viceversa, ricordando la chimica tra Sinner e Sonego.

La magia della Davis era ed è anche questo.

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