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Spagna, il campo è una questione politica

La scelta di Siviglia e non Madrid sarebbe stata dettata da rivalità nei partiti

Spagna, il campo è una questione politica

Una finale, o quantomeno un dentro-o-fuori. Questo attende la Spagna stasera alle 18 contro la Slovacchia: una partita che nelle intenzioni del ct Luis Enrique avrebbe dovuto essere, chissà, un'occasione per far rifiatare i titolari a qualificazione già ottenuta, e che invece rischia di diventare uno psicodramma. Con una sconfitta si va a casa, ma per passare agli ottavi da terza nel girone potrebbe bastare persino un pareggio, abbinato a un'eventuale sconfitta della Polonia con la Svezia.

Sono stati giorni tormentati, quelli delle Furie Rosse, dopo l'1-1 con i polacchi. Più che altro è parsa evidente la scollatura tra la squadra e i tifosi, come testimoniato, oltre che dai fischi durante le due precedenti partite, dalla fredda accoglienza fuori dall'albergo che ospita la nazionale a Siviglia. Solo in due-tre si sono fermati a salutare, mentre gli altri hanno tirato dritto.

Con Siviglia in generale il rapporto non è decollato. Anzi, a sentire Luis Enrique e i capi delegazione il colpevole di questo avvio deludente è uno solo: il prato della Cartuja, lo stadio dove la Spagna sta giocando le sue partite. «L'erba è troppo alta e irregolare, la squadra non riesce a esprimersi», si è lamentato il ct, smentito dalla Uefa che nel frattempo ha assegnato il massimo dei voti al terreno di gioco.

Non poteva mancare, a tal proposito, una polemica politica, come sottolineato dai retroscenisti di El Confidencial, ad esempio. Non ci sarebbe stata unanimità, infatti, sulla nuova sede delle partite della Spagna dopo che Bilbao era stata depennata per via dei troppi casi di Covid-19. Qualcuno, del tutto logicamente peraltro, avrebbe proposto Madrid: se non il Bernabeu, che è in fase di ristrutturazione, almeno il Wanda Metropolitano, stadio dell'Atletico Madrid. In compenso il presidente della Federcalcio spagnola, José Luis Rubiales, vicino al premier socialista Pedro Sanchez, si sarebbe messo di traverso. Il motivo? Non offrire un'ulteriore grancassa a Isabel Ayuso, nuovo astro nascente del Partido Popular dopo la vittoria alle ultime elezioni regionali della Comunità di Madrid in cui ha trionfato puntando tutto sulle riaperture post-pandemia, schiantando i socialisti e provocando le dimissioni del vice-premier Pablo Iglesias.

Meglio la neutrale Andalusia (dove peraltro governa proprio il PP), sfidando anche il caldo che oggi picchierà duro sulla Cartuja in una partita che la Spagna non può fallire.

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