Storia d'assalto

I fuggitivi di Colditz, la prigione fortezza dei nazisti

Un aliante fatto con letti e lenzuola, la fuga in bicicletta fino alla libertà in terre neutrali, i travestimenti degni di un film di Hollywood. Quando in guerra la realtà supera ogni finzione

I fuggitivi di Colditz, la prigione fortezza dei nazisti

Nella bassa Sassonia, cuore della Germania orientale, c'è ancora oggi il castello di Colditz, fortezza in stile rinascimentale eretta sulla pianta di un antico presidio risalente al 1046, al tempo dell'imperatore Enrico III. Antica residenza di caccia degli araldi teutonici, Coldizt troneggia sulla vicina e omonima cittadina. E poiché si era già ben prestata alla funzione di carcere durante la Prima guerra mondiale, venne riportata in auge carcere di massima sicurezza per i prigionieri di guerra Alleati su espresso volere del Reichsmarschall Hermann Göring nella Seconda. La ragione? Una delicata condizione che era venuta a presentarsi richiedeva una struttura all’altezza della situazione.

Sorvegliati "speciali"

C’è un’espressione che troverete familiare: "Mettere tutte le mele marce in un paniere" (da La Grande Fuga, ndr). Si addice particolarmente alla storia di Colditz, che nei rapporti ufficiali verrà segnalato come Oflag IV C. A questo “lager per soli ufficiali” venivano infatti destinati i prigionieri ritenuti più talentuosi e "disinvolti" in tema di evasioni.

In parte ufficiali britannici, in parte ufficiali dell’esercito per la Francia libera, la compagine dei detenuti a Colditz vedeva un contingente di canadesi, australiani, neozelandesi, sudafricani, irlandesi e un indiano, per una media di 300 prigionieri, tra chi veniva trasferito, chi andava e chi a malincuore "tornava". Tra gli ospiti del castello che vennero trasferiti dal 1943 in poi - prima erano detenuti solo ufficiali polacchi e francesi - spiccavano nomi come l’asso “senza gambe” Douglas Bader (abbattuto sulla Francia nel 1941), il fondatore dello Special Air Service David Stirling (catturato in Nord Africa nel 1943), quello che ricorderete come il mitico Mister Q della film di 007, Desmond Llewelyn (catturato in Francia nel 1940), il capitano neozelandese insignito di ben due Victoria Cross Charles Upham, il generale polacco Tadeusz Bór-Komorowski, comandante dell'Armia Krajowa e responsabile della rivolta di Varsavia. Assieme a loro era anche i meno noti “Laufen six”, esperti fuggitivi - sempre riacciuffati - originari dello Stalag di Laufen: i capitani Barry, Elliot, Howe, Locwood e Reid, con il solo tenente Allan.

Proprio questi ultimi, insieme a degli inquieti e caparbi francesi, sarebbero stati tra i principali pianificatori di innumerevoli tentativi di fuga dalla fortezza "inespugnabile". Roccaforte circondata da un fossato asciutto, cinta da altissime mura e perennemente tenuta sotto controllo da una guarnigione che, sebbene fosse un misto di reclute e veterani, montava di sentinella su più di una dozzina di torri equipaggiate con delle micidiali mitragliatrici Mg-42 e sorvegliava notte e giorno una perimetro sormontato da rotoli e rotoli di filo spianto.

Tra questi, una particolare "squadra di agenti" era impegnata in attività di spionaggio per sventare tentativi di evasione: questi erano soprannominati i “furetti”, ed erano perennemente attenti a fiutare ogni avvisaglia di qualsiasi irregolarità che potesse essere collegata a un piano di fuga.

Tuttavia, tutto questo non fu sufficiente a fermare gli ospiti del Reich che, in rispetto dell’ordine di tenere impegnato il nemico con continui tentativi d’invasione, non si risparmiarono né in tentativi, né in fantasia.

Piani di fuga assurdi per geni dell'improvvisazione

Ben coscienti di con chi avessero a che fare, i comandanti la guarnigione tedesca assegnata alla sorveglianza di Colditz imponevano dai tre ai quatto appelli giornalieri per ostacolare ogni pianificazione e verificare per tempo assenze ingiustificate. Sebbene la quantità dei pacchi della Croce Rossa garantisse a questi "geni" dell’evasione una quieta esistenza, lontana dalla guerra che si combatteva sue tre fronti - gli aggiornamenti sul corso del conflitto avvenivano attraverso due radio amatoriali realizzate dal prigioniero francese Frédérick Guiguesy, soprannominate "Arthur 1" e "Arthur 2” - nessuno rinunciò al suo tentativo. E il comitato di fuga del campo avvallò nel corso degli anni numerosi piani che in qualche modo superano anche la finzione cinematografica.

Tra i più ambiziosi spicca infatti l’idea di due piloti della RAF, Bill Goldfinch e Jack Best (catturati entrambi in Grecia nel ’41), che insieme al tenente della Rifle Brigade Tony Rolt (catturato durante la Battaglia di Calais nel '40) e con la supervisione del pilota D. Stephenson (abbattuto su Dunkerque nel '40), costruirono un aliante con assi di legno e lenzuola trafugate dai letti. Lo scopo era quello di tuffarsi dal tetto e tentare di planare al di là del fiume Mulde, dove secondo i calcoli avrebbero toccato terra abbastanza distanti dal castello per procedere nella fuga. Mentre i consueti tunnel - puntualmente scoperti - venivano interdetti dalle guardie, una coppia di ufficiali polacchi, Surmanowicz e Chmiel, tentò di calarsi con una corda fatta di lenzuola da ben 36 metri di altezza per scendere direttamente in testa a una sentinella che forse gli sorrise, forse no, ma senza dubbiò lanciò l’allarme rimandandoli direttamente in cella d’isolamento.

Se ne La Grande Fuga nessuno riuscì ad abbandonare il campo di concentramento nascondendosi in un camion in uscita, il tenente Allan ne fu davvero capace, saltando in mezzo alla paglia e partendo per un incredibile viaggio che gli permise di raggiungere addirittura Vienna, dove cercando di raggiugnere l'ambasciata americana fu ripreso e rispedito direttamente a Colditz, dopo ben 21 giorni di latitanza.

In fondo è vero che “i piani più semplici sono alla fin fine i migliori”. Lo dimostra il tentativo di fuga del tenente francese Alain Le Ray che, studiando la routine delle guardie dopo l’ultimo appello, si nascose in una posizione ben studiata e, scalando un muro, riuscì a raggiungere la Francia non occupata guadagnandosi il primo fuoricampo. Ma sono certamente i piani falliti più assurdi ad attirare maggiormente la stima di chi si imbatterà in questa storia. Come ad esempio il piano di fine giugno del 1944, quando un gruppo di prigionieri inglesi che veniva riportato dentro il perimetro, iniziò a fischiare al passaggio di una signorina tedesca che incedeva frettolosamente con passo incerto in prossimità della fortezza. Attirata l’attenzione delle guardie, uno degli ufficiali inglesi notò come fräulein avesse perduto l'orologio che le doveva essere scivolato. Da vero gentleman lo consegnò ad una delle sentinelle che, raggiungendola in corsa, scoprì come si trattasse del tenente Boulé truccato e vestito da donna.

Altri travestimenti celebri con annessi tentativi di fuga furono quelli del tenente francese Pérodeau, che approfittò di un intervento dell'elettricista del paese per rubargli giacca e capello e dire alla sentinella che aveva dimenticato uno strumento in negozio. Privo di lasciapassare, finì in isolamento come due ufficiali britannici, Airey Neave e Hyde-Thompson, che travestiti da ufficiali tedeschi vennero catturati in breve tempo. Mentre due ufficiali olandesi che avevano tentato lo stesso colpo e parlavano perfettamente il tedesco, Luteijn e Doners, raggiunsero la Svizzera. Pierre Mairesse Lebrun, approfittando del suo fisico d'atleta, saltò il perimetro grazie al muro fatto da un commilitone, scavalcò le recinzioni senza badare al filo spinato e, correndo come una lepre, finì fuori dal tiro delle sentinelle chi gli spararono appresso senza colpirlo. Rubata una bicicletta raggiunse il confine svizzero in otto giorni a tappe forzate.

Indubbiamente comici ma d'infelice epilogo furono invece i tentativi del tenente Mike Sinclair: intrepido imitatore che ebbe la faccia tosta di spacciarsi per il sergente maggiore Fritz Rothenberger, una delle più note sentinelle del campo per via de suoi vistosi baffi. Con altri detenuti al seguito, che dovevano apparire come la squadra che avrebbe montato la guardia, ordinò alle sentinelle di aprire uno dei passaggi e venne addirittura ascoltato. Fu tradito da un lasciapassare scaduto però. Pochi istanti dopo, nell'incredulità di sentinelle e fuggitivi, comparve il vero sergente maggiore Rothenberger che si trovò faccia a faccia con il suo sfortunato sosia. Purtroppo Sinclair perderà la vita in un secondo tentativo di fuga dopo esser stato raggiunto da un colpo di pistola. Divenendo l'unico "caduto di Colditz".

Al termine della guerra..

In tre di anni di detenzione a Colditz, furono 80 i tentativi d'evasione approvati dal comitato di fuga dell'Oflag IV C. Riusciranno nell'intento sette ufficiali britannici, cinque ufficiali francesi, tre olandesi e un belga. Infine, le truppe statunitensi entrarono nella città di Colditz liberando la prigione e i suoi inquieti ospiti che sarebbero passati alla storia come "i fuggitivi di Colditz". Se vi state domandando cosa ne sia stato dell'aliante, soprannominato il Coldtz Cock, è presto detto: non fece in tempo a spiccare il volo dalla soffitta dove era stato assemblato e nascosto, perché la fortezza venne liberata prima di tentare. Ma possiamo dirvi, tuttavia, che 67 anni dopo una copia esatta dell'aliante venne riprodotta e lanciata dal tetto come da programma, con due uomini a bordo. L'aliante atterrò in un prato dall'altra parte del fiume con l'equipaggio felice ed illeso. Dimostrando che quei due "matti" di Goldfinch e Best forse ce l'avrebbero anche fatta.

E ricordando quello che ripetiamo spesso su queste colonne: a volte la realtà supera di gran lunga ogni finzione.

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