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"Abbiamo perso il controllo": la picchiata a un passo da Los Angeles

Il 31 gennaio 2000 il volo Alaska Airlines 216 decolla da Puerto Vallarta, in Messico, diretto verso Seattle, ma l'aereo finisce tragicamente in fondo al mare a poca distanza da Los Angeles

"Abbiamo perso il controllo": la picchiata a un passo da Los Angeles
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Molti ricorderanno il film “Flight” uscito nel 2012. In quella pellicola, l'attore protagonista Denzel Washington è un pilota di linea – alcolista e cocainomane – che si trova a diventare improvvisamente eroe quando durante un volo di routine il suo aereo subisce un catastrofico guasto che lo immette in una picchiata irreversibile, che sembra destinata a far sfracellare al suolo l'aereo. Il pilota invece, con una manovra eccezionale, riesce a far atterrare il velivolo in un campo salvando la maggior parte dei passeggeri. Pochi forse sanno che quel film è liberamente ispirato a un fatto realmente accaduto, ma purtroppo dall'esito molto diverso: la tragedia del volo Alaska Airlines 261.

Un volo come tanti

È il 31 gennaio del 2000, quando un MD-83 della Alaska Airlines decolla dall'aeroporto internazionale di Puerto Vallarta, in Messico con destinazione Seattle-Tacoma, facendo scalo a San Francisco. La Alaska Airlines è una delle più grandi e importanti compagnie domestiche degli Stati Uniti che usa soprattutto la serie 80 dei bireattori McDonnell Douglas, tra i più famosi e venduti aerei al mondo derivati dal celeberrimo DC-9.

Ai comandi c'è il 53enne comandante Theodore "Ted" Thompson, con alle spalle più di 17mila ore di volo e proveniente dall'US Air Force, coadiuvato dal secondo ufficiale William "Bill" Tansky, 57enne, che nella sua carriera aveva accumulato più di 8mila ore di volo di cui la maggior parte su MD-80.

Quel giorno, il volo 261 trasportava, oltre ad altri tre membri di equipaggio, 83 passeggeri di cui 47 diretti a Seattle. L'MD-83 coi colori della Alaska Airlines parte dall'aeroporto Licenciado Gustavo Díaz Ordaz di Puerto Vallarta alle 13.37 ora locale (le 21.37 Utc) e se ne prevede l'arrivo a San Francisco per le 15.49 (23.49 Utc). La salita verso la quota di volo prevista, ovvero il livello 310 corrispondente a 31mila piedi (o 9400 metri) avviene inizialmente in modo assolutamente regolare, ma dopo appena 15 minuti dal decollo, a una quota di 28500 piedi (8600 metri), il comandante e il secondo si accorgono di un'anomalia: il trim dello stabilizzatore orizzontale (ovvero la parte orizzontale dell'impennaggio di coda a T del velivolo) è fuori uso.

Questa parte delle superfici aerodinamiche del velivolo è fondamentale per mantenerne l'assetto di volo, in particolare controlla il beccheggio: quando il pilota aziona la cloche tirandola a sé (o spingendola), si azionano gli equilibratori sullo stabilizzatore orizzontale. Il trim, invece, è una regolazione di assetto (sempre lungo l'asse di beccheggio) che si può fissare manualmente e che comporta l'azionamento di tutto il blocco dell'equilibratore, che si sposta leggermente (in alto o in basso) grazie a un “vitone” posto all'interno della deriva. I piloti intervengono sul trim in modo da mantenere meglio l'assetto orizzontale senza continuare a intervenire sulla cloche.

L'equilibratore orizzontale non risponde

Quel giorno di gennaio, i due piloti si accorgono che l'azionamento sia delle levette sulla cloche sia della ruota del trim dell'equilibratore orizzontale non ottiene risposta. A questo punto viene avviata la normale procedura per guasto meccanico all'equilibratore, assumendo il comando manuale del velivolo. L'MD-83 si era bloccato “trimmato” leggermente verso il basso, quindi con assetto a picchiare, e per controbilanciarne l'azione, Thompson deve azionare la cloche, tirandola leggermente verso di sé.

Alle 16.09 il velivolo improvvisamente entra in una ripida picchiata, che con estrema fatica viene recuperata dai due ufficiali. Il comandante avvisa di quanto accaduto il controllo del traffico aereo: “Centro... Alaska due sessantuno, siamo... uh... in una picchiata qui” e “Ho perso il controllo, picchiata verticale”.

Il controllore del traffico aereo di Los Angeles stenta a crederci rispondendo “Alaska due sessantuno, ripeta signore”, e a quel punto il comandante riporta che “Sì, siamo fuori dai ventiseimila piedi, eravamo in verticale... picchiata... non più in picchiata... ma... uh... abbiamo perso il controllo verticale del nostro aeroplano”, aggiungendo che hanno ripreso il controllo del velivolo ma il secondo risponde negativamente.

Alle 16.11 l'Atc (Air Traffic Control) di Los Angeles richiede la situazione, e Thompson riferisce che stanno volando a circa 26mila piedi “quasi stabilizzati”. A questo punto i piloti vengono messi in comunicazione col reparto manutenzione e assistenza a terra dell'Alaska Airlines, per cercare di risolvere il problema verificatosi, ma il personale di terra sembra non riuscire a poter far nulla, lasciando tutto nelle mani degli ufficiali e approvando le loro manovre per cercare di recuperare la stabilità orizzontale e atterrare a Los Angeles in emergenza.

Alle 16.14, mentre i due piloti cercano di trovare una procedura di atterraggio che eviti al velivolo di rientrare in picchiata, il comandante avvisa i passeggeri di quanto accaduto. “Gente, abbiamo avuto un problema con il controllo di volo qui davanti, ci stiamo lavorando... uh quella è Los Angeles laggiù a destra, è lì che intendiamo andare. Siamo piuttosto occupati qui, per sistemare questa situazione, non prevedo grandi problemi una volta che rimetteremo un paio di sottosistemi in linea. Ma ci dirigiamo a LAX (il nome dell'aeroporto di Los Angeles, ndr) e mi aspetto di parcheggiare lì tra circa venti o trenta minuti”. Il comandante ancora non lo sapeva, ma in quel momento si trovava a solo sei minuti dalla tragedia.

Alle 16.17,01 Thompson ordina agli assistenti di bordo di bloccare ogni cosa all'interno della cabina e di far allacciare a tutti le cinture di sicurezza e solo 8 secondi dopo viene avvertito un rumore sordo proveniente dalla coda (“big bang” come si sente nelle registrazioni). L'MD-83 entra nuovamente in una profonda picchiata. I piloti fanno di tutto per recuperare l'assetto, estendendo gli slat, aprendo gli aerofreni. L'avvisatore automatico di cabina ripete “altitudine” per 34 secondi a segnalare la perdita subitanea di quota.

Alle 16.19 e 29 secondi il comandante ordina di dare più slat dicendo “Questa è una s...”. Altri 14 secondi dopo viene dato il mayday. Alle 16.19,54 la scatola nera registra la voce in cabina di Thompson che afferma “Ok, siamo invertiti... e ora dobbiamo farcela...” e 31 secondi dopo “Stiamo volando?... stiamo volando... stiamo volando... digli cosa stiamo facendo...”.

Alle 16.20,49 si sente il rumore dello stallo ai compressori e immediatamente dopo dei motori che si spengono. Il volo Alaska Airlines 261 impatta nell'Oceano Pacifico 4,3 chilometri a nord dell'isola californiana di Anacapa alle 16.20 e 57 secondi. Le ultime parole del comandante sono state “Ah... ci siamo”. Tutti gli occupanti muoiono sul colpo.

L'esito della commissione di inchiesta

Il relitto dell'MD-83 si adagiò su un fondale di circa 80 metri e il suo recupero ha permesso di scoprire cosa avesse causato quel guasto irrecuperabile. Dopo un'indagine durata tre anni l'incidente è stato attribuito principalmente a carenze di manutenzione da parte della compagnia aerea a Oakland, in California.

Nove giorni dopo l'incidente lo stabilizzatore orizzontale veniva recuperato e con sgomento i tecnici dell'NTSB (National Transportation Safety Board) notarono che il dado del “vitone” sul gruppo del martinetto non era attaccato. È stata notata anche una “molla” di metallo avvolta attorno al “vitone” generata dall'usura dello stesso, usura che aveva quindi praticamente fatto sparire la filettatura del “vitone”.

L'indagine scoprì che la Alaska Airlines, senza obiezioni da parte della Faa (Federal Aviation Administration), aveva esteso l'intervallo di controllo di quella parte anni prima dell'incidente. Originariamente era fissato ogni 5mila ore di volo ma nel luglio 1988, la compagnia non utilizzava più il limite orario bensì uno temporale, posto ogni 26 mesi. Sulla base del tasso di utilizzo della compagnia aerea in quel momento, ciò equivaleva a 6400 ore di volo tra le ispezioni. Questo intervallo è stato nuovamente aumentato nell'aprile 1996 a 30 mesi, pari a circa 9550 ore di volo, ma la ditta costruttrice, diventata nel frattempo la Boeing, lo fissava ogni 30 mesi o 7200 ore di volo, a seconda dell'evento che si verificava per primo.

Cosa era materialmente successo quindi? Il consumo della filettatura del “vitone”, che non era stato lubrificato secondo i tempi previsti, aveva determinato il bloccaggio dell'equilibratore orizzontale in posizione a picchiare sotto gli sforzi aerodinamici determinati dal volo stesso con l'impossibilità, data l'usura, di poter correggerne l'assetto da parte dei piloti (il trim). Il dado di arresto poi non era stato progettato per sostenere tali carichi aerodinamici e pertanto si ruppe nove minuti dopo il decollo, consentendo al martinetto e al suo stabilizzatore di scivolare verso l'alto e fuori dal dado provocando la picchiata fatale. Non c'era niente che Tansky e Thompson avrebbero potuto fare per controllare l'aereo.

A seguito del risultato della commissione di inchiesta, la Faa emise una direttiva di emergenza affinché tutti gli operatori degli MD serie 80 ispezionassero i loro martinetti e riferissero eventuali risultati, scoprendo così che altri due aeroplani presentavano la medesima problematica del volo 261, entrambi dell'Alaska Airlines.

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