Storia d'assalto

Una spia americana a Roma

Giornalista e spia coraggiosa, Peter Tompkins è stato una pedina fondamentale per il successo dello sbarco di Anzio e per la liberazione di Roma. Le sue opinioni sul trattamento di favore di vecchi nemici gli costeranno un'avvenente carriera nella Cia

Una spia americana a Roma

Su una sottile lingua di sabbia che separa Tarquinia dal promontorio dell’Argentario, in prossimità della foce di un fiumiciattolo, il Tafone, un giovane giornalista diventato spia, affonda scarpe da civile nel bagnasciuga balzando giù da un piccolo battello pneumatico di colore giallo. All’alba del 20 gennaio del 1944.

Egli risponde al nome di Peter Tompkins, americano. Nel passato ha vissuto in Italia, frequentando gli ambienti blasé dell’aristocrazia mondana in quegli anni felici e spensierati che hanno preceduto la guerra. È scortato da un agente segreto italiano in cui ripone molta della sua fiducia - deve guardarsi bene le spalle, perché l’Italia divisa pullula di doppiogiochisti senza troppo scrupolo. Ha fatto un lungo viaggio: prima a bordo di B-25 operato dall’Oss (il servizio segreto americano, ndr) per raggiungere la Corsica, poi imbarcato su di un motosilurante della Ragia Marina, il Mas 541 che insieme al 543, ha raggiunto e costeggiato l’Isola d’Elba e giù per la costa fino al punto del rendez-vous fissato sul continente; quella spiaggia oggi adorata dall’intellighenzia riflessiva e sinistrorsa, un tempo desolato, oscuro e silenzioso luogo d'incontro adatto per agente segreto che dovrà operare dietro le linee.

Con se ha solo una piccola valigia, una pistola Beretta calibro 9 "corto", 300 sovrane d’oro, dei codici cifrati, i quarzi di ricambio per far funzionare una radiotrasmittente clandestina e una macchina fotografica marcata Minox. La sua missione? Concedere almeno una chance di successo in più all’imminente sbarco alleato che dovrà avvenire ad Anzio. Mancano meno di 48 ore.

Salito su un’automobile guidata dalla resistenza italiana, scende lungo la via l’Aurelia per giungere Tarquinia e deviare sulla Cassia, la strada consolare che lo condurrà direttamente nella Capitale occupata, dove lo attendono Franco Malfatti, funzionario del Sim, il Servizio Informazioni Militare italiano rimasto fedele al governo Badoglio; ed elementi del Cln, il Comitato di Liberazione Nazionale, i partigiani che lo aiuteranno, insieme alla rete di militari che hanno confermato la loro fedeltà al Re, nella sua delicata e temeraria operazione. Ma facciamo un passo indietro. Chi era Peter Tompkins?

Dalla guerra psicologica alla doppia identità

Erede di una facoltosa famiglia di cultori dell’arte, studente ad Harvard, Tompkins aveva spesso viaggiato in Italia, apprendendo la lingue e stringendo solide amicizie con rampolli dell’alta borghesia e dell’aristocrazia romana che non concedevano al Fascismo particolare ammirazione. Nel 1941, quando gli Stati Uniti entravano in guerra contro le forze dell’Asse, Tompkins, che era giornalista per il New York Herald Tribune con l’esperienza di corrispondente di guerra in Grecia per la Nbc, decise arruolarsi diventando ufficiale per la sezione “Guerra psicologica”. Nel 1942 era di stanza presso il quartier generale delle forze alleate in Nord Africa. Dove interrogava molti prigionieri italiani, come già aveva fatto in Kenya. È in quello stesso anno che viene accettato nell’Oss, il neonato servizio segreto che aveva preso il posto dell’Fbi negli affari di spionaggio e controspionaggio, ponendosi al vertice di tutti i servizi informazioni delle diverse forze armate americane.

“Mi ero arruolato come volontario nell'Oss per una ragione semplice e del tutto politica: era necessario sconfiggere il nazifascismo, che, come democratici statunitensi, aborrivamo per la sua ideologia. Il nostro intento era di aiutare a ristabilire in Italia e in Europa sistemi di governo democratici. Il Re e Badoglio con i loro dipendenti del Sim, volevano al contrario mantenere una forma di governo simile a quello che avevano favorito e lasciato fiorire per vent'anni: lo stato fascista di Mussolini, ma senza Mussolini e i suoi fedeli ministri. In questo furono sostenuti da Churchill con l'apparente motivazione di un utile anticomunismo”, scriverà in seguito nelle sue memorie Tompkins.

Sbarcato a Salerno alla fine di settembre ’43, quando Napoli è ormai “occupata” dai tedeschi, la spia americana è decisa nel voler creare attraverso l'influenza del filosofo Benedetto Croce, incontrato segretamente in una villa sull’isola di Capri, una nuova “formazione partigiana” che possa operare autonomamente - sebbene alle dipendenze dell’Oss - come una servizio speciale. La chiama Organizzazione Resistenza Italiana (Ori), e recluta agenti e militari italiani da infiltrare a cavallo tra le linee alleate e quelle nemiche per ricevere informazioni di vitale importanza sullo spostamento delle truppe e del fronte. L'organizzazione, dotata di un organico militare a comando americano, punta ad interagire con i partigiani del Cln, ma l'idea è considerata troppo ambiziosa dai suoi superiori a Washington; troppo pericolosa dal generale Badoglio, contrario a concedere troppe informazioni e capacità logistiche ai partigiani; e troppo sconveniente per gli inglesi, che nel cosiddetto "Ventre molle dell'Europa" gestiscono già un'efficiente rete di spionaggio, sabotaggio e intelligence con il loro Special Operation Executive, più noto come Soe. Così le operazioni proseguono ma il progetto no. Viene silurato.

C'è un'altra missione per questo capitano 24enne che sembra nato per confondersi con il suo pizzetto alla Italo Balbo, per infiltrarsi, dissimulare, e spacciarsi per un italiano altolocato che trova sempre un passe-partout adeguato alla situazione.

Il suo nome in codice sarà “Pietro”, ma si presenterà come “Federico Caetani”, fratello mai esistito del suo nobile compagno di corso all'università di Harvard, Camillo Caetani, che lo ha introdotto in molti circoli dopo averci stretto amicizia ma purtroppo è già morto in guerra da tre anni, tra la Grecia e l'Albania. Sarà “Luigi Desideri”, capitano distaccato presso il comando di Roma, del quale all'occorrenza veste l'uniforme, o tal “Roberto Berlingieri” nella tesa e temeraria stretta di mano che si consumerà ad un ricevimento dove viene presentato al capitano delle Ss Erich Priebke, alle dipendenze dirette del capo dell'Sd e della Gestapo a Roma Herbert Kappler.

Spia a Roma per successo di "Shingle"

Quando arriva nella Roma occupata dai nazisti, il 21 gennaio 1944, poche ore prima del d-day dell’operazione Shingle - il nome in codice scelto per lo sbarco alleato sulle spiagge di Anzio e Nettuno - Tompkins ha l’ordine e le risorse necessarie per stabilire una rete di collaboratori che in gran segreto forniscano quante più informazioni si possa sullo spostamento delle truppe tedesche nell’area interessata dallo sbarco e intorno a Roma, sugli accasermati, sulle postazioni difensive, sull'esatta posizione di depositi di munizioni e carburante per farli bombardare dall’aviazione alleata, e su tutto ciò possa garantire agli alleati di mantenere la testa di ponte ad Anzio per ricevere rinforzi e avanzare nell'interno. Molti italiani, tra i cui Maurizio Giglio e Giuliano Vassalli, verranno catturati dai nazifascisti, torturati e uccisi, ma nessuno rivelerà l'identità del loro capo, Pietro, la spia americana.

Dal suo nascondiglio di Palazzo Lovatelli (a poca distanza dal ghetto ebraico, ndr), una stanza segreta a cui si accedeva da una piccola apertura nel muro celata da un comodino, Tompkins gestisce la sua rete di spie che comunicano tutto con una radiotrasmittente a cristalli chiamata in codice “Radio Vittoria”. Elemento essenziale che viene spostato di volta in volta per non essere individuata dai tedeschi - anche se lo sarà -, rimanendo dietro le linee nemiche per cinque mesi. Fino alla liberazione di Roma, avvenuta il 5 giugno del ’44.

Una spia scomoda

Dopo la liberazione di Roma, l’ormai maggiore Tompkins sarà impegnato nelle attività dei servizi segreti americani nella Berlino caduta, promettendo un futuro assicurato nell’apparato d’intelligence da lì a pochi anni prenderà il nome di Cia. La sua sterminata rete di amicizie, la sua sagacia e il suo spirito d’osservazione tipico di ogni acuto giornalista, uniti a una “lingua troppo lunga” per generali che già guardavano all'Unione Sovietica come "nuovo nemico" da arginare, tradiranno la sua carriera. Quando collegherà alcuni eventi notati a Roma e presso lo Stato del Vaticano, manifestarsi anche nella Germania dove ogni servizio segreto va a caccia di nazisti e criminali di guerra, accusando gli Alleati di aver “salvato” repubblichini come il principe Valerio Borghese per “costituire poi, con loro, “Gladio” e per condurre la “guerra anticomunista” o nazisti come il generale delle Ss Karl Wolf; e criticherà i vertici dell’Oss vicini a Donovan, si precluderà riconoscimenti, decorazioni e gradi. Storie che non perderà occasione di riportare nei suoi diari.

Così l’agente segreto americano che una fredda notte di gennaio era sbarcato sulle spiagge dietro le linee nemiche per "liberare l'Italia" a fianco dei partigiani invisi ai monarchici e a Churchill, svestirà i panni della spia e indosserà di nuovo quelli del giornalista e scrittore. Firmando articoli sul New Yorker, su Life ed Esquire, e pubblicando una ventina di libri, prima di spegnersi all’età di 87 anni, sempre in gennaio, in una tranquilla città della Virginia occidentale.

Strano a dirsi, ma il suo libro più famoso non riguarda affatto lo spionaggio, il nazismo e le ratline, ma la vita segreta delle piante.

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