Transizione energetica

La transizione nel Pnrr: cosa cambia adesso?

Il Pnrr nei capitoli dedicati alla transizione va rivisto. La nuova priorità? Bloccare la dipendenza dalla Russia.

La transizione nel Pnrr: cosa cambia adesso?

Quale transizione energetica dopo la guerra in Ucraina? La domanda è lecita e le risposte possono essere molte. Il conflitto a Est ha mostrato, in Italia e in Europa, l'improtanza della diversificazione delle fonti energetiche e la criticità della dipendenza europea, e italiana in particolare, dalla Russia sul fronte di materie prime come il gas. Logico dunque che la transizione verso un mix energetico più efficiente, aperto alle rinnovabili e sostenibile, e verso obiettivi strategici più complessi in materia, si trovi di fronte alla necessità di poter essere rimodulata.

In primo luogo, andrà rimessa in funzione la macchina del Piano nazionale di ripresa e resilienza e di Next Generation Eu. L'Italia ha stanziato, complessivamente, 59,46 miliardi di euro in progetti in materia di transizione energetica: 23,78 miliardi destinati a reti energetiche di ultima generazione, idrogeno e rinnovabili; 5,27 miliardi per l'agricoltura sostenibile e l'economia circolare; 15,05 miliardi alla lotta agli sprechi idrici; 15,36 miliardi alla riqualificazione energetica degli edifici. Next Generation Eu vede invece complessivamente stanziati 277,5 miliardi di euro su 750, il 37% del totale. Ma ora che prospettive ci sono per questi obiettivi? Il danno economico in termini recessivi rischia di essere tale da dare impostazioni e priorità differenti alle capacità di spesa del sistema. E la programmazione economica rischia di doversi orientare su nuove priorità: sostegni a imprese e famiglie contro le bollette, sussidi, manovre anti-crisi.

In secondo luogo, c'è il rischio che la stagflazione mandi la transizione in testacoda. Gli investimenti pubblici si devono scontrare con un contesto di accelerata volatilità dei mercati e con un'inflazione feroce che rende più complesso programmare strategicamente le operazioni.

Vi è poi una questione di carattere industriale. Servono più risorse, per Stato, famiglie e imprese, per ottenere le risorse necessarie a approvvigionarsi di gas, petrolio e fonti fossili. Ma primenti anche la programmazione della transizione costa di più perchè di più costano litio, cobalto, nickel e tutte le altre materie prime più importanti per le nuove catene del valore. Molte delle quali, ça va sans dire, vedono la Russia come fonte chiave di approvvigionamento.

Parlando del futuro del Pnrr e della transizione il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha dichiarato che "potrebbe essere necessario discostarsi temporaneamente dal sentiero di decarbonizzazione intrapreso" sottolineando ad esempio la necessità di mantenere attive le centrali a carbone. La guerra per Visco è stata una "cesura drammatica e profonda che non potrà che portare ad equilibri diversi". L'economista americano Jeremy Rifkin, ritiene invece che la guerra possa dare una spinta decisiva per le rinnovabili, ma le tre dinamiche precedentemente espresse sembrano indicare che i venti soffiano in direzione differente.

Su queste colonne avevamo già scritto di come sarà complesso per l'Italia gestire contemporaneamente la più grave crisi energetica dell'ultimo mezzo secolo e la sfida della transizione. . Nella "Grande Tempesta" globale fatta da rivalità geopolitiche, pandemia e crisi ambientale il programamre politiche strategiche di ampio respiro si farà sempre più complicato. Ma l'Italia non può rinunciare a partecipare a questa sfida strategica. Ad oggi, le sfide devono essere precise: ridurre in prospettiva sia la quota del gas nel mix energetico nazionale (49% della generazione elettrica data dall'oro blu) sia la dipendenza dalla Russia nelle importazioni e puntare al contempo sul duo con le rinnovabili. L'assenza del nucleare nel mix nazionale è compensato, in quest'ottica, da un'importante focalizzazione su idroelettrico (20% del mix nazionale), solare (8%) e eolico (9%), che assieme alla geotermia ne alle biomasse (7%) segnalano una quota di generazione energetica rinnovabile pari al 44%, lasciando un residuo al carbone (5%) e al petrolio (2%).

Mediare questa necessità con la conservazione di quote sicure di energia con reti più sicure, efficienti ed efficaci è vitale. Ma ora più che mai la gradualità della transizione è un tema a cui fare attenzione. E Salvatore Zecchini, economista Ocse, in un intervento su Formiche ha sottolineato che "i capitoli del Pnrr sulla transizione verde e sulle infrastrutture per la mobilità sostenibile sono sempre cruciali, ma dovrebbero essere reinterpretati nel senso di accelerare quelle parti che contribuiscono a ridurre in tempi accelerati l’approvvigionamento di energia dalla Russia e sviluppare attraverso la diversificazione le fonti energetiche meno insicure e meno esposte a ricatti". Il ritorno del primato della politica e di una programmazione chiara e decisa si fa sentire in tutta la sua forza. E per l'Italia anche la transizione assume un peso strategico tutto diverso.

Il Pnrr è sempre più "geopolitico" e questo impatterà con forza anche sulla ripresa economica, ora più mai soggetta a incertezza dopo la tempesta d'Ucraina.

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