L’attesa è finita: “Little Big Italy” è tornato. Pronto a esigere “di più, molto di più”, Francesco Panella per la prima volta è sbarcato in Oriente alla ricerca dei migliori ristoranti italiani all’estero e delle loro storie di vita. Da Dubai a Kuala Lampur, passando da Bangkok e Phuket, fino al ritorno in Europa, lo show prodotto da Banijay Italia per Warner Bros. Discovery sarà protagonista su Nove con un nuovo ciclo di otto appuntamenti a partire da lunedì 11 settembre (ore 21.25). Panella non ha dubbi: ne vedremo delle belle.
“Little Big Italy” per la prima volta in Asia: che avventura è stata?
“È stata un’avventura incredibile perché andiamo a captare un’italianità veramente diversa. Finora lo stereotipo dell’italianità in America è stato raccontato in diverse puntate - siamo arrivati alla 77esima puntata girata. In Asia non eravamo mai stati ed è stato incredibile sia dal punto di vista del racconto del viaggio, sia per quello che abbiamo trovato: in quei posti c’è un’italianità diversa. In ogni Paese in cui vai c’è un expat che trovi: ogni expat ha un motivo preciso per andare là, l’Asia ha un taglio totalmente diverso rispetto agli Stati Uniti. Per questo motivo trovi delle persone molto particolari, con un grandissimo carattere: è stato parecchio affascinante girarci battaglie a suon di piatti e di emozioni. Questa nuova stagione sarà fantastica, davvero”.
Cosa rappresenta la cucina italiana in quelle zone del mondo?
“C’è da fare una considerazione: è un po’ più difficile fare arrivare gli ingredienti e quindi si cerca di fare la cucina italiana nel miglior modo possibile. Qualcuno vive lì da un po’ di tempo e qualcosa se l’è perso… Gli errori ci stanno e son tanti, la parte sentimentale c’è ed è tanta, e spesso va a colmare gli errori tecnici”.
Questa è la settima edizione di “Little Big Italy”, quali sono gli ingredienti del suo successo? Il tuo è uno dei programmi più visti anche in replica…
“È molto semplice: raccontiamo la verità. È un programma molto poco costruito, che racconta quello accade all’estero con grande sincerità e spontaneità. Io non so mai a cosa vado incontro: non facciamo alcun tipo di strategia. Il racconto umano è una parte sicuramente fondamentale, così come l’incredibile voglia dell’italian proud che c’è all’estero. Tutta questa gente ama rappresentare l’Italia attraverso le ricette e attraverso un percorso di vita”.
E cosa rappresenta per te a livello personale? Occuperà un posto speciale nel tuo cuore, immagino.
“Assolutamente sì. Questo programma è una grande opportunità di conoscenza: viaggio molto e posso confrontarmi con tantissima gente che fa il mio lavoro e che racconta un po’ quello che ho vissuto. Il mio percorso di impresa mi ha portato ad aprire dei ristoranti fuori dall’Italia e so cosa significa affrontare determinate difficoltà. Mi sta davvero dando tantissimo, ringrazierò per sempre Discovery e Banijay per avermi dato questa grande opportunità”.
Sei sul piccolo schermo da quindici anni con diversi programmi di successo, che rapporto hai con la notorietà?
“Devo essere sincero, non è cambiato nulla. Magari posso avere un po’ più di esperienza dal punto di vista professionale, ma a livello personale non è cambiato niente: so chi ero prima e so chi sono adesso. Anche perché non credo che la notorietà possa cambiare una persona: chi cambia perché diventa un personaggio noto è perché probabilmente non si conosceva prima. Se tu sai chi sei e hai fatto un percorso, è difficile che il successo possa cambiarti, con i tuoi pregi e con i tuoi difetti”.
Il tuo brand è una realtà consolidata e continua a crescere. A febbraio sei diventato partner del “Gioia” di Chicago: sei sempre alla ricerca di nuove sfide…
“Nella vita bisogna sempre evolversi. Non mi trovo molto bene nella comfort zone, cerco sempre di uscirne e trovare delle situazioni che mi stimolino a migliorare: la difficoltà aiuta molto, mentre quando entri in una fascia di sicurezza ti lasci un po’ andare. Ogni dieci anni cerco di dare delle scosse alla mia vita e provo a rimettermi in discussione partendo quasi sempre da zero. A tal proposito…”.
Prego.
“Voglio annunciare che sto cercando un percorso nuovo su un progetto di food con dei partner strepitosi e molto presto aprirò a Milano. È un concetto molto giovane, molto fresco, diverso. Questo è il suggerimento che mi sento di dare ai più giovani: uscite dalla zona di comfort e cercate di crearvi un po’ di ‘caos’ per trovare stimoli diversi. Ovviamente sempre con umiltà, professionalità e semplicità: i piedi ben piantati a terra”.
L’Asia era uno degli obiettivi che ti eri posto per “Little Big Italy”. Ora ti restano Africa, Oceania e poco altro…
“Hai ragione (ride, ndr). Ma ti faccio un esempio: noi abbiamo girato in Argentina, ma in realtà potremmo fare cinquanta puntate tutte diverse. Ci manca ancora il Brasile, così come altri Paesi di quell’area. Ma più che altro è pazzesco quanto italiani ci siano in giro per il mondo: 60 milioni di persone vivono in Italia, ma altri 80 milioni vivono all’estero. Questo dà la sensazione di quante storie potremmo raccontare”.
Da anni viene dedicato grande spazio alla cucina in televisione, ma ultimamente sono emerse anche delle storture. E non mancano i messaggi sbagliati…
“Pur rispettando qualsiasi format di successo, ‘Little Big Italy’ ha trovato un linguaggio televisivo diverso. A me non piacciono le urla: è possibile fare capire un problema a qualcuno con dei parametri ben precisi, la parte umana sarà sempre più importante di tutto. Con 'Little Big Italy' abbiamo trovato un taglio diverso, più riflessivo.
Ricordiamoci sempre che siamo dei privilegiati: facciamo ristorazione, un lavoro fantastico, ma non salviamo vite umane. Possiamo regalare dei piacere, dei momenti di gioia ma niente di più: quindi calma, vedo troppi fenomeni in giro”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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