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Nutriscore, aberrazione democratica

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Nutriscore, aberrazione democratica

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La santificazione del Nutri-Score organizzata dalla Presidenza belga per oggi non è altro che la non ammissione di un fallimento politico da parte delle burocrazie di alcuni paesi, come il Belgio e la Francia, che sono solite imporre ai cittadini comportamenti etici, secondo il vecchio schema hegeliano; e di un manipolo di scienziati, prevalentemente francesi, per cui gli esiti della loro ricerca scientifica sono una verità assoluta da imporre senza mai sottoporla al confronto critico come invece dovrebbe essere secondo il metodo sperimentale della scienza.
D’altronde, il Nutri-Score è un’aberrazione scientifica, filosofica e politica. Chi promuove il Nutri-Score attribuisce la responsabilità dell’obesità a certi nutrienti, essenziali per la nostra dieta, se consumati in modo equilibrato. Le cause dell’obesità sono molteplici e molto complesse, e non si risolvono con un semaforo sull’etichetta.
Infatti, l’obesità non scende nei paesi che adottano il Nutri-Score, ma sale. In Francia è sul 75% dei prodotti confezionati. Si dirà che non è sufficiente per arrivare al 100%, Poi si metterà nei men+ dei ristoranti, in pubblicità, ecc., imponendo di fatto, una dieta totalitaria.
Infatti, chi promuove il Nutri-Score ritiene il consumatore incapace di scegliere. Invece di fornirgli – educazione – gli strumenti per compiere scelte consapevoli e quindi libere, gli “suggerisce” cosa è buono o cosa è cattivo secondo l’algoritmo francese. Ma non ci sono alimenti buoni o cattivi, è la dose che fa il bene o il male in funzione di ciascun individuo. Ogni individuo è – questa è la ricchezza dell’Europa e dell’umanità, è diverso, per cui le diete “one size fits all” come quella del Nutri-Score non possono funzionare, anzi finiscono per ingannare il cittadino consumatore. Questa è la principale conseguenza non intenzionale ignorata da chi, come la Regina del Belgio, promuove il Nutri-Score: minacciare la libertà di scelta, inibire la conoscenza, negare la diversità. Chissà se è una conseguenza non intenzionale, o riflette palesemente l’idea ben radicata per cui lo Stato sceglie per i cittadini in nome della salute comune.
Nell’annichilire la diversità, il Nutri-Score favorisce quelle multinazionali che, prive di una tradizione culinaria, promuovono prodotti globali, inseguendo, legittimamente, un’economia di scala.
Infatti, i grandi gruppi internazionali sostengono questi schemi di etichettatura, perché gli consentono di manipolare le formule degli alimenti per ottenere il cibo “salutare” (di cui il consumatore non sa nulla).
Le tradizioni locali, come la Dieta Mediterranea, o le aziende della tradizione locale, che fanno prodotti difficilmente riformulabili, finiscono tra i cattivi. O modificano le loro ricette, se possono, snaturando la tradizione, sapori e consistenza, o rischiano di non vendere più. Questa è una conseguenza che la politica europea dovrebbe tenere in considerazione per evitare la “desertificazione” alimentare. Ma la politica cerca scelte apparentemente facili, che illudono il consumatore di mangiare sano. Togliere zuccheri e grassi saturi significa mangiare sano? E lo stile di vita? Il DNA? Il dispendio calorico? La politica preferisce non occuparsene. Educare un cittadino è pericoloso. Meglio dirgli cosa mangiare. Male, per altro, continuando a ingrassare. Se il 25 Aprile è il giorno della Liberazione per noi italiani, per altri europei, nostalgici dei totalitarismi. è il giorno dell’occupazione culturale alimentare.


*Professore aggiunto di economia alla John Cabot University di Roma.

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