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Verbali pieni di gossip su massaggi e regalini. È il segno che l'inchiesta sta già annaspando

I pettegolezzi senza rilevanza presenti nelle carte invadono i media. Costa (Azione): "Tanti presidenti accusati e prosciolti"

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Regali, massaggiatrici e hotel pagati. Ci risiamo. La Tangentopoli ligure si tinge di dettagli pruriginosi che campeggiano sui giornali e su tutti gli altri media. Tra le mura dei palazzi del potere serpeggia il dubbio che il gossip abbia nuovamente la meglio sulla verità processuale proprio come già avvenuto in altre occasioni, come la vicenda che vide coinvolto Guido Bertolaso.

Dettagli che possono stroncare la vita professionale non solo degli indagati, ma anche di persone non coinvolte direttamente dalle inchieste. Elementi irrilevanti dal punto di vista processuale, ma che stuzzicano la curiosità morbosa dei lettori che sono incuriositi da tutto ciò che è moralmente poco accettabile. Amanti, massaggiatrici o escort rientrano tutte nello sport quotidiano di sbattere il mostro in prima pagina sulla base di intercettazioni telefoniche che poco o nulla hanno a che vedere con le indagini in corso. «Prosegue una consuetudine tutta italiana di diffondere, a indagini ancora in corso, il contenuto di verbali conditi di pettegolezzi che dovrebbero restare secretati, soprattutto le conversazioni che riguardano soggetti estranei alle indagini», osserva il deputato azzurro Pietro Pittalis, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera. Le inchieste che ruotano attorno alla figura del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, sembrano ricordare casi altrettanto roboanti che, poi, si sono conclusi in un nulla di fatto. «Si risolverà tutto in una bolla di sapone come i casi Tempa Rossa, mensa dei poveri, stadio della Roma dove sono stati quasi tutti assolt», sentenzia l'ex deputato forzista Andrea Ruggieri. Sono tantissime le inchieste citate dai parlamentari di maggioranza o di opposizione che, dopo essere partite fortissime sui media, sono finite nel nulla dinanzi all'inconsistenza delle prove. «Tanti presidenti di Regione sono stati destinatari di misure cautelari e, poi, sono stati prosciolti: penso a Mario Oliviero della Calabria al presidente Attilio Fontana e al lucano Marcello Pittella. Oggi, invece, i giornali sembrano aver già scritto le loro sentenze», dice il deputato di Azione Enrico Costa. Anche un avvocato esperto e di lungo corso come Maurizio Paniz osserva che la tesi dell'accusa «pare fortemente criticabile e infondata» se si basa sui versamenti regolarmente contabilizzati e sugli atti emessi legittimamente che diventerebbero illegittimi solo perché posti in essere nei confronti di persone che hanno effettuato i versamenti. «Se gli atti amministrativi riconducibili a Toti sono legittimi e non risultano frutto di mercimonio, come sembra di dover ritenere dalla tracciabilità puntualmente osservata, non c'è corruzione. Anzi, la tracciabilità dei versamenti taglia proprio la testa al toro», gli fa eco l'avvocato Carlo Taormina. La storia, d'altro canto, insegna.

Dall'ex capo della protezione civile Guido Bertolaso al ministro Federica Guidi, dai presidenti di Regione, da Francesco Storace e Vasco Errani, sono tantissimi i personaggi finiti nel tritacarne mediatico di cui si è venuto a sapere vita, morte e miracoli a mezzo stampa grazie alla facile diffusione delle intercettazioni telefoniche, che poi sono stati completamente assolti.

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