L'analisi del G

La guerra delle spie. Pechino e Washington giocano a scacchi sul destino di Taiwan

La data dell'invasione dell'isola nazionalista sulla carta è il 2027. È l'appuntamento che ricorre nei discorsi di Xi. Gli Stati Uniti puntano a spostare l'ora cruciale. La fragilità degli 007 americani

La guerra delle spie. Pechino e Washington giocano a scacchi sul destino di Taiwan

Aprile 2023. Nei corridoi di Washington si discute animatamente. Un gruppo di deputati ha appena finito un Tabletops Exercise, un'esercitazione da tavolo. I membri del Congresso Usa aiutati da analisti hanno preso parte a un war game sull'invasione cinese a Taiwan: attacco fissato per il 2027. Gli esisti della simulazione hanno dato diversi grattacapi ai falchi anti cinesi. Divisi in due gruppi i deputati si sono scontrati scoprendo l'impatto devastante di una guerra per Taiwan. Un conflitto capace di causare una completa disarticolazione dell'economia globale. La simulazione ha anche stabilito che un dispiegamento di missili a lungo e medio raggio nella regione aiuterebbe Taiwan e gli Usa a prendere tempo. Ma non sarebbe sufficiente a dissuadere l'impero di mezzo.

Oggi il vero nodo è capire cosa passa nella testa di Xi Jinping. Solo nei meandri della sua mente si nasconde la data x. Per gli Stati Uniti è fondamentale sapere cosa succede nei centri del potere cinese e quindi far lavorare tutti gli apparati di intelligence in quella direzione. Lo stesso vale a parti invertite: anche la Cina vuole avere chiaro ogni scenario derivante da una possibile offensiva militare a Taiwan. La leadership del Partito Comunista Cinese, ad esempio, è interessata a conoscere se e quando arriverà la risposta americana, da dove e come si concretizzerà. Non è un caso che Pechino monitori con estrema attenzione i movimenti diplomatici di Washington. Negli ultimi mesi, infatti, l'amministrazione Biden ha rafforzato i rapporti militari con Giappone e Filippine. Due Paesi che potrebbero essere coinvolti, in maniera più o meno diretta, in un eventuale conflitto nello Stretto di Taiwan. Il recente vertice avvenuto negli Usa tra Joe Biden, il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr., e il primo ministro giapponese Fumio Kishida è un chiaro messaggio inviato all'indirizzo di Xi Jinping.

A Taipei, intanto, il governo locale guidato da Tsai Ing-wen, che nei prossimi giorni lascerà l'incarico al neo eletto Lai Ching-te, ha iniziato a potenziare l'esercito con sottomarini e droni, e attende altre forniture militari da Washington. Conoscere i dettagli relativi alle nuove armi a disposizione della provincia ribelle è per la Cina un tassello fondamentale nella gestione dell'intero dossier taiwanese. Ci sono, a proposito, un paio di zone d'ombra che il governo cinese potrebbe sfruttare per ottenere importanti vantaggi strategici. La prima falla di Taiwan coincide con quei suoi attuali ed ex militari interessati a collaborare con Pechino. In che modo? Vendendo informazioni e segreti militari a contatti cinesi in cambio di laute ricompense.

L'altro tallone d'Achille di Taipei chiama in causa un binomio formato da business e politica. Già, perché proprio in questi giorni Ma Ying-jeou, ex presidente di Taiwan (dal 2008 al 2016) e volto noto del Kuomintang, il partito taiwanese favorevole al dialogo con la Repubblica Popolare Cinese, si trova oltre la Muraglia per uno storico viaggio. Xi ha accolto Ma a Pechino dichiarando che le ingerenze esterne non possono fermare la riunificazione familiare tra Cina e Taiwan. Facendo leva sulle opportunità economiche derivanti da un più intenso dialogo, nonché sull'agenda politica del Kuomintang, il Dragone potrebbe trasmettere un'immagine diversa e convincere una parte della società taiwanese a seppellire l'ascia di guerra.

Gli allarmi che suonano a Taipei rendono ancora più urgente la modifica della postura americana nell'area. Una postura politica, diplomatica e militare. Ma la prima a dover cambiare è quella relativa alle attività dei servizi segreti. I lunghi anni della guerra dal terrorismo lanciata dopo l'11 settembre hanno logorato la capacità degli 007 americani di combattere le grandi potenze. Nel 2012 Pechino è riuscita a smantellare quasi tutto il network che la Cia aveva costruito nella Repubblica popolare. E nel 2020 un rapporto della Camera dei rappresentati Usa delineava le profonde difficoltà di tutti i componendi dell'intelligence: «Senza un riallineamento delle risorse, governo e intelligence non riusciranno a tenere il passo della Cina». Da quel momento negli apparati è iniziato un lungo lavoro di riforma. La trasformazione è stata accelerata dall'arrivo alla Cia di William Burns nel 2021. Negli ultimi tre anni si è lavorato per raddoppiare il numero di operativi dedicati alla Repubblica popolare e aumentare le stazioni all'estero, inclusi nuovi agenti che conoscono il mandarino. Burns ha spinto affinché ogni settimana a Langley i vertici dei servizi tengano un meeting focalizzato solo sulla Cina e ha creato un centro missione dedicato esclusivamente all'attività di Pechino. Taiwan rappresenta il fine ultimo di questo nuovo corso. La partita a scacchi per Formosa è fatta in due modi: da un lato richiede proiezione attiva verso il cortile di casa della Cina, e dall'altro una sensibilità maggiore per difendersi dai tentativi di penetrazione cinese.

Partiamo dal primo fronte. Gli Usa hanno bisogno di sapere lo stato dell'arte dell'esercito cinese e le eventuali procedure di attacco. E così negli ultimi anni l'occhio di Washington si è mosso da Nord a Sud per vedere come si dispiega la potenza cinese. Gli episodi si sprecano. Nell'agosto del 2020 un U-2 americano entrato in una no fly zone cinese è stato accompagnato da un paio di missili, tra i quali un DF-21D, il killer delle portaerei. Tra 2022 e 2023 un paio velivoli spia RC-135 sono stati avvicinati in modo aggressivo da in caccia cinesi J-16 e J-11. Negli ultimi due anni la presenza navale americana nel Mar Cinese Meridionale e a ridosso di Taiwan è aumentata. Nel 2023 Washington ha schierato tre portaerei con relativo gruppo di attacco, venti bombardieri e dodici sottomarini nucleari.

Il secondo fronte è quello interno. Le spie cinesi hanno attaccato gli Usa con una manovra ad ampio spettro. Corrompendo militari e uomini di affari o usando agenti doppiogiochisti, ma in alcuni casi anche utilizzando tecniche rocambolesche. Da tempo l'Fbi è impegnata ad arrestare misteriosi «turisti» cinesi che si perdono nei pressi delle basi militari americane. Le istallazioni militari sono il fronte di questa guerra di spie. Ne è una prova il programma di palloni spia svelato nel febbraio del 2023 quando una sonda volò sopra gli Usa.

Secondo gli esperti i cinesi da tempo usano sonde non solo per spiare direttamente Taiwan, ma anche per raccogliere informazioni su tutte le basi americane in Asia, le stesse basi che avrebbero un ruolo chiave nel caso di una guerra aperta con Taiwan.

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