Interni

L'Intifada italiana tra assedi e ultimatum

Rivendicazioni e una lettera ai ministri: "Università occupate finché saranno complici". Nuovo corteo a Roma, blocchi a Torino e Milano ed è partita anche Pisa

L'Intifada italiana tra assedi e ultimatum

Ascolta ora: "L'Intifada italiana tra assedi e ultimatum"

L'Intifada italiana tra assedi e ultimatum

00:00 / 00:00
100 %

«Intifada studentesca». Alza il tono e il tiro la mobilitazione anti-Israele nelle università. L’inquietante sigla gira da giorni tra striscioni, volantini e social, ma ora si registra il salto di qualità, con un messaggio destinato a rettori e ministri italiani, così firmato dai «Giovani Palestinesi».

Tende dei collettivi di sinistra e delle organizzazioni di studenti arabi sono ormai piazzate in tutte gli atenei più importanti. E d qui sti gruppi comincia a gersi con tono ultimativo alle istituzioni, in particolare ai ministri che lunedì hanno fatto il punto della situazione in un Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza coi vertici delle forze di polizia e delle agenzie di informazione e sicurezza. Ieri a Roma la Sapienza era assediata, blindata per il senato accademico. Tra cori, fumogeni e striscioni, un corteo si è fermato con le tende nel prato davanti al rettorato. A Torino tende sono state montate fuori e dentro Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, dove quasi tutti gli ingressi sono stati bloccati e quello rimasto aperto era presidiato. Uno striscione è comparso, con la scritta «Piantedosi...nessun infiltrato solo giovani in lotta!».

L’accampamento va avanti a Bologna, primo centro a sollevarsi, e venti tende sono state piantate sui giardini di piazza Dante a Trento davanti alla sede della Provincia. Ieri è partita anche Pisa.

Professori e rettori minimizzano, e rassicurano. Il rettore de L’Orientale di Napoli, in un’intervista a «Radio radicale», si è detto colpito dall’intervento della Polizia americana e convinto che «impedire il dibattito per paura di critiche a Israele» abbia fatto «esplodere la situazione», mentre nel suo ateneo - ha garantito - tutto è stato «attenzionato» perché si assumano sempre «toni consoni». Qualcuno però fa notare che proprio Napoli e Roma hanno organizzato giornate di dibattito in cui si è fatto riferimento fin al titolo al «genocidio» e alla fantomatica «apartheid».

Proteste sono previste nei prossimi giorni in varie città per la cosiddetta «Giornata della Nakba», che ricorda l’esodo delle migliaia di arabo-palestinesi che, indotti a farlo o spaventati dalla guerra scatenata dal fronte arabo poche ore dopo la proclamazione dello Stato d’Israele, lasciarono le loro case e terre.
Iniziative si terranno in molte piazze. A Napoli oggi scende in piazza la Rete studentesca Palestina. «Dopo la Statale e il Politecnico, inizia l’acampada anche in Bicocca» dicono a Milano. Altri tre giorni di «Intifada studentesca» anche a Torino, dove sono stati decisi i prossimi passi: una fiaccolata stasera e un nuovo corteo sabato pomeriggio. «Bernini, Piantedosi, Crui (i rettori, ndr), uniti per il genocidio» attaccano gli studenti napoletani.

I Giovani palestinesi, intanto, qualche giorno fa hanno messo nero su bianco le loro «richieste» ai rettori e al governo: «denunciare» l’operato di Israele, rompere ogni accordo con le università dello Stato ebraico e creare «un fondo per finanziare misure di sostegno per studenti, ricercatori e docenti palestinesi». Due giorni fa poi è comparsa la lettera, con le stesse rivendicazioni, che si rivolge ai rettori e ai ministri, e spiega che - avendo riscontrato la «attiva complicità» delle università con lo Stato di Israele, il movimento studentesco ha deciso di «accogliere l’appello dell’università palestinese di Birzeit, occupando i nostri atenei». Il messaggio è firmato «L’intifada studentesca italiana».

E vale la pena ricordare che l’Intifada, come attesta la Treccani, dal 2000, «ha visto una progressiva militarizzazione della rivolta con un largo uso di armi da fuoco da parte dei palestinesi e soprattutto il ricorso ad attentati suicidi contro obiettivi civili e militari».

Ma gli studenti lo sanno? Se ne rendono conto?

Commenti