Ciclismo

Tiberi c'è, ma Pogacar vince in autogestione

Lo sloveno «chiede» ai compagni cosa vogliono fare. Poi vince la terza tappa in una settimana

Tiberi c'è, ma Pogacar vince in autogestione

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Prati di Tivo A gentile richiesta, Tadej Pogacar! Ormai siamo all'autogestione, al capitano che chiede ai propri compagni di squadra come stanno e come intendono correre la tappa. «Cosa si fa oggi ragazzi?», pare abbia chiesto nella riunione del mattino. E i suoi ragazzi, non hanno avuto alcuna esitazione a invitare il proprio capitano a vincere ancora. «Nella crono si sono riposati, così ho lasciato loro la scelta sulla strategia da adottare ha spiegato Taddeo -: siccome mi hanno risposto di star bene e mi hanno chiesto di vincere la tappa, non mi sono fatto pregare». Ha vinto, come da desideri, per la terza volta in questo Giro: dopo Oropa e Perugia, eccolo ancora primo a Prati di Tivo, con una volata senza storia nella quale regola il gruppetto dei migliori.

Non c'è nulla da dire, in corsa non ha avversari, il difficile viene solo dopo nelle conferenze stampa, dove si mostra un po' più insofferente per le domande ripetitive. «Sempre le solite domande», sbuffa lo sloveno, anche se davanti ad uno che in diciotto giorni di corsa ha già vinto dieci volte e in questo Giro tre, è facile ripetersi: un po' come lui.

Gioca con gli avversari Taddeo e con i propri compagni di squadra. È disarmante vederlo stoppare con assoluta facilità i due coraggiosi tentativi del nostro Antonio Tiberi, 22enne corridore ciociaro che, dopo la buonissima crono di Perugia, ieri ha confermato di possedere doti da corridore per le corse a tappe. «Mi aspettavo che attaccasse lui, così alla fine ci ho provato io, ma Pogacar è di un altro pianeta», la sintesi di chi da anni è considerato l'erede naturale di Nibali e che alla fine è quello che sorride di più perché continua a risalire in classifica: 6° a 4'23 dal fenomeno in rosa.

«Il Giro non è finito ci spiega il team-leader e Ceo della Uae Emirates, il ticinese Mauro Gianetti -. Mancano tantissime tappe difficili e vette che hanno fatto la storia del Giro. È chiaro, siamo messi molto bene. E, soprattutto, sappiamo quale sia il valore reale di Tadej. Mai visto uno così». Gianetti è anche l'uomo deputato a tenere i rapporti con la proprietà emiratina. «A quelle latitudini lo sport del ciclismo è diventato lo sport nazionale; vedrete il velodromo che nel 2029 ospiterà i mondiali su pista ad Abu Dhabi (nel '28 ci saranno quelli su strada, ndr): sarà l'impianto più bello del mondo.

E poi adesso vanno tutti in bicicletta, visto che sono state realizzate negli ultimi anni la bellezza di 2000 chilometri di piste ciclabili. Per loro e per noi la squadra non è business, ma una responsabilità. Rappresentiamo un Paese, che ha sposato un progetto importante, che è quello della bicicletta. E Pogacar è il testimonial ideale».

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