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Sciopero Rai? A me lo fecero di due mesi

Come è noto, alcuni giorni orsono i redattori della Rai hanno organizzato uno sciopero, per cui, in teoria, i notiziari non sarebbero dovuti andare in onda

Sciopero Rai? A me lo fecero di due mesi

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Come è noto, alcuni giorni orsono i redattori della Rai hanno organizzato uno sciopero, per cui, in teoria, i notiziari non sarebbero dovuti andare in onda. Motivo della agitazione la presunta censura esercitata dalla politica sulla attività delle emittenti pubbliche. Ma, evidentemente, non tutti i cronisti hanno aderito alla levata di scudi cosicché due dei tre telegiornali sono apparsi in video regolarmente, al punto che nessun abbonato si è accorto della astensione del 75 per cento del personale. Insomma, non ne è derivato alcun disagio. Fantastico, si è in tal modo dimostrato che fare a meno di sgobbare per esprimere dissenso non serve a nulla. È scelta inutile in ogni campo, essa produce soltanto una decurtazione dello stipendio relativo alla giornata in cui la gente ha incrociato le braccia e ha chiuso il cervello. Sono abbastanza vecchio da poter testimoniare che mai uno sciopero ha ottenuto lo scopo per cui era stato indetto. Vi narro un episodio in proposito che mi ha visto innocente protagonista. Sul finire degli anni Ottanta, mentre lavoravo al Corriere della Sera, la Rizzoli, grande azienda editoriale, mi offrì la direzione dell'Europeo, elegante settimanale un po' in crisi. Vinte alcune perplessità, accettai l'incarico e mi presentai in redazione, lo stipendio consisteva in 180 milioni l'anno, niente male. I miei nuovi giornalisti, cui non andavo a genio perché non ero comunista come loro, si riunirono in assemblea e votarono contro di me promuovendo uno sciopero a tempo indeterminato. Per farla breve, la rivista rischiò di saltare per aria in quanto la protesta proseguì per due lunghissimi mesi. Un record mondiale. L'Europeo non andò in edicola per otto numeri, durante quel periodo io percepivo lo stipendio, perché non mi astenni dal frequentare la redazione, mentre i colleghi riottosi rimasero a secco. Sarà stato per questo che costoro, ormai sfiniti, ricominciarono a lavorare ai miei ordini, secchi e perentori, nonostante il mio morale fosse a pezzi. L'ultimo numero del periodico, prima del mio avvento, aveva venduto 79 mila copie, il primo firmato da me fu acquistato da 132 mila persone. Bel colpo. Il che non poté che zittire tutti gli ex ribelli. Rinsaldato nel morale, aumentai ulteriormente la diffusione. Dopo due anni salutai i compagni di lavoro per dirigere un quotidiano, l'Indipendente. Al mio posto, ovvero alla direzione del settimanale, sopraggiunse una giornalista smaccatamente di sinistra e dopo circa sei mesi esso chiuse miseramente i battenti: non vendeva più un tubo. Con questo racconto, in cui ho tralasciato di addentrarmi nei dettagli, intendo comunicare al lettore che gli scioperi sono irrimediabilmente inefficaci: il fine perseguito non viene realizzato. Essi arrecano nocumento specialmente a chi vi partecipa. Per difendere il lavoro non vi è che una via: lavorare.

Lavorando sodo si può persino accumulare denaro utile a battere la miseria.

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