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I domiciliari a Ilaria, i meriti del governo e il fango di papà Salis

Dietro i domiciliari di Ilaria Salis il lavoro sotto traccia della diplomazia italiana. Ma il padre alza di nuovo lo scontro: "Dovrei ringraziare il governo? Lasciamo stare..."

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E, dunque, se dalle parti di Avs qualcuno avesse la dote dell'obiettività dovrebbe ammettere (suo malgrado) che i domiciliari concessi a Ilaria Salis sono la riprova che l'Ungheria non è, al contrario di quello che va in giro a dire una certa sinistra, una pericolosa autocrazia nelle mani di un folle dittatore. La 39enne, in carcere a Budapest dal febbraio 2023 per aver partecipato al pestaggio di due nazisti (questa l'accusa), potrà infatti lasciare la prigione e proseguire la detenzione in un'abitazione della capitale ungherese. Bene così. Ma non per il padre della donna. Lui non ha perso occasione per occupare televisioni e quotidiani e lanciare strali contro il governo Meloni.

E dire che già in passato Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e compagni avevano fatto di tutto per politicizzare il caso, finendo così per ingarbugliare tutto quanto: le sparate contro il governo ungherese, gli attacchi frontali al premier Viktor Orbàn, la candidatura della donna alle europee. Quasi a volerle tentare tutte per far saltare il banco. Eppure, sebbene la decisione di accogliere i domiciliari venga da un giudice, come ha fatto giustamente notare il ministro degli Esteri Antonio Tajani, la diplomazia italiana è riuscita a portare a casa il risultato lavorando sempre sotto traccia. "Se questa prima parte della vicenda si è risolta positivamente - ha fatto notare in una intervista a Libero - non è certamente grazie all'innalzamento dei toni o alla propaganda elettorale. In casi simili il lavoro discreto conta più del rullo dei tamburi e delle urla".

Sin dall'inizio della vicenda, invece, Roberto Salis ha preferito le urla. Lo stesso ieri sera. Subito dopo la decisione del giudice, si è inspiegabilmente messo ad attaccare Tajani e Nordio. "Noi - ha detto - non abbiamo visto nessuna attività concreta da parte del ministro degli Esteri o del ministro di Giustizia per Ilaria". Stesso concetto ribadito subito in tivù e poi oggi sui giornali. Ecco qualche stralcio: "Quello che è successo dal 28 marzo a oggi è che Ilaria è stata candidata da Avs alle europee. Dopodiché, guarda caso, sono arrivati i domiciliari" (Otto e mezzo); "Da parte del governo ho notato grande immobilismo" (Corriere della Sera); "Non credo proprio che le autorità italiane abbiano contribuito in qualche modo a questa svolta" (Stampa); "Dovrei ringraziare il governo? Lasciamo stare..." (Repubblica).

Ora, noi capiamo che si avvicinano le elezioni europee, che Roberto Salis e figlia sono in piena campagna elettorale, che a sinistra la narrazione deve sempre e comunque essere "Orbàn è brutto e cattivo, e la Meloni pure", ma a tutto c'è un limite. Andare in giro a strombazzare che il governo italiano non si è speso per la Salis è una falsità che non reggeva prima e non regge nemmeno adesso. A Repubblica Salis senior ha avuto il coraggio di dire: "Su questa storia io non ho dei sassolini nelle scarpe, ho della ghiaia, ho i piedi sanguinanti e prima o poi svuoterò i cassetti di quel che ho da dire. Di certo come cittadini siamo stufi di dover implorare le istituzioni, che dovrebbero essere al servizio dei cittadini e che paghiamo per questo, affinché facciano il loro lavoro. Noi non abbiamo visto alcuna volontà concreta né da parte di Tajani né da parte di Nordio".

Altro che ghiaia e sassolini, ha sversato una colata di liquame e fango. Che insozza ancor di più le istituzioni italiane visto il duro lavoro profuso dal governo e dalla diplomazia per aiutare proprio lui e la figlia.

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