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Inchieste, Meloni dà tempo a Toti

La premier: "Aspettare le risposte è il minimo per un uomo che ha governato molto bene"

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Maurizio Belpietro, il padrone di casa, ironizza: «La chiamano pesciaiola». «No, pesciarola», ironizza lei. Poi Giorgia Meloni va dritta al punto: «Sono fiera perché dopo un anno e mezzo di governo la gente che mi incontra in mezzo alla strada mi chiama ancora Giorgia». Il pubblico accorso per il giorno de La Verità nella sede modernissima della Fondazione Riccardo Catella, fra i grattacieli di Porta Nuova, applaude.

La premier lancia subito un segnale preciso: Giovanni Toti non deve dimettersi. Non subito, almeno: «Toti ha detto che avrebbe letto le carte e dato le risposte. Aspettare quelle risposte e valutare penso sia il minimo indispensabile per un uomo che ha governato molto bene quella Regione».

Insomma, Meloni non si lascia sconvolgere dalle continue indiscrezioni che arrivano da Genova e dalla procura. Toti verrà interrogato nei prossimi giorni, poi si deciderà il suo destino. È la prima notizia che il capo del governo dà al direttore de La Verità.

Parla di tutto, la premier, spera di portare a casa «un commissario di peso in Europa, magari sulle materie economiche o il green deal», spiega che il confronto con Schlein «è utile per gli elettori», poi aggiunge un altro titolo da prima pagina: «La giustizia in Italia non funziona, quindi nei prossimi giorni arriverà in consiglio dei ministri la riforma».

Quella che l'Associazione nazionale magistrati non vuole nemmeno sentir nominare. Si va avanti, dunque, con la separazione delle carriere e la creazione di due Csm. O almeno questa è la bozza che dovrebbe essere discussa.

L' agenda è fitta, gli impegni molti e i temi all'ordine del giorno ancora di più. Lei si dilunga sulla riforma del premierato e ne loda le molteplici ricadute: «Daremo ai cittadini la possibilità di essere governati da qualcuno che hanno scelto. Non solo, questa legge porterà stabilità». E la stabilità porta buongoverno: «Dopo un anno e mezzo sono già sedicesima nella classifica della longevità dei 68 governi che abbiamo avuto in 75 anni. Se arrivo a Natale sono sesta. Io voglio andare avanti cinque anni, senza rimpasti».

Il premierato è, in questa visione, un aiuto a migliorare il sistema. «Il politico che sa di durare poco, spende e non fa investimenti. È così che è cresciuto il debito pubblico. E poi sul piano internazionale l'immagine del Paese cambia completamente. Agli incontri cui ho partecipato qualcuno mi ha chiesto: Giorgia, ma la prossima volta ci sarai ancora tu?».

La risposta è un sorriso grande così. La premier corre, o almeno ci prova, ma si toglie anche qualche sassolino: «Continuano a parlare di TeleMeloni ma su TeleMeloni Giorgia Meloni è ultima». La premier mostra un foglietto con i dati dell'Osservatorio di Pavia che monitora la presenza nel Tg 1 dei presidenti del consiglio.

Le cifre smentiscono le geremiadi dell'opposizione: «Ecco, nei primi 14 mesi del mio governo ho raggiunto i 15 minuti. Segnate per cortesia questo dato. Draghi era a 19 minuti, più avanti; Conte, il Conte del Conte 2 era a 42, Gentiloni a 28, Renzi a 37. Io sono la più indietro di tutti.

La verità è che a sinistra sono nervosi perché non c'è più TelePd».

L'ultima stilettata però è sulla censura ai tempi del Covid e sulle scelte più difficili ai: tempi del pensiero unico: «Sui bambini non c'erano evidenze e io non ho vaccinato mia figlia».

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