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Toti nelle intercettazioni: "Soldi, fate bonifici tracciabili"

Il governatore vuol farsi ascoltare. Nelle carte emerge: voleva trasparenza. E il falso va verso l'archiviazione: dati Covid gonfiati per avere più vaccini

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È atteso oggi in Procura per l'interrogatorio di garanzia lo «zar» del Porto di Genova, Aldo Spinelli, 84 anni, l'imprenditore della logistica che secondo i magistrati avrebbe finanziato i comitati elettorali di Giovanni Toti in cambio di atti che lo avrebbero favorito, a partire dalla proroga trentennale della concessione del Terminal Rinfuse.

Intanto emergono dettagli sulla nuova accusa di falso a carico del governatore della Liguria, che si aggiunge a quella di corruzione per cui è agli arresti domiciliari. Inizialmente l'ipotesi sembrava legata alla gestione delle discariche in provincia di Savona, per cui nel 2021 la procura aveva indagato l'imprenditore dello smaltimento rifiuti Pietro Colucci per finanziamento illecito al partito di Toti. In realtà l'accusa di falso al presidente riguarderebbe presunti dati gonfiati, durante la pandemia, sui malati Covid inviati alla struttura commissariale in relazione al fabbisogno di vaccini della Regione. L'indagine è nata su alcune conversazioni intercettate, ma da quel che si apprende il filone viaggerebbe verso l'archiviazione per mancanza di elementi.

Il cuore dell'inchiesta di Genova invece ruota tutto intorno al presunto finanziamento illecito. Per i pm i soldi arrivati sui conti correnti dei comitati Toti da Spinelli, circa 75mila euro, sarebbero non il frutto di erogazioni liberali per la sua attività politica, ma il prezzo di una presunta corruzione. Un do ut des, per cui i bonifici sarebbero stati effettuati in concomitanza o quasi con i presunti favoritismi all'imprenditore. Toti però è convinto di potersi difendere rivendicando non solo la trasparenza dei soldi incassati, tracciati e pubblicati online, ma anche«l'assenza di qualsiasi profitto o arricchimento personale». Resta convinto, ha spiegato il suo avvocato, di poter chiarire che fossero leciti contributi e non mazzette. E che gli atti contestati come favori sarebbero invece stati fatti nell'interesse del territorio.

Nell'informativa della guardia di Finanza emerge come Toti fosse alla ricerca di risorse per la campagna elettorale perché le finanze scarseggiavano. In una conversazione, la segretaria del governatore, nel pianificare la campagna elettorale parlava della difficoltà di sostenere le spese per gli «autobus» con i manifesti elettorali. «Gli autobus li prendo più avanti se no non ce la facciamo noi economicamente», rispondeva Toti. In una delle telefonate a Spinelli, secondo gli investigatori Toti fa capire di avere bisogno di finanziamenti: «Quando ci vediamo, che ti devo chiedere un po' di robe come al solito di questi tempi».

Ma dalle carte emerge la volontà, ed è uno dei punti della sua difesa, che fosse tutto trasparente e tracciato. Toti dava così istruzioni alla sua collaboratrice: «Mandi alla segreteria di Spinelli i documenti dove vogliamo che faccia un versamento, che lo fa normale, come tutti gli altri insomma». E anche «tutti gli altri» erano tracciati con causale «erogazione liberale". La stessa finanza annota che le somme ricevute venivano «utilizzate per sostenere spese correlate all'attività politica di Toti e dal proprio entourage». Insomma, non vantaggi personali, come ripete da giorni il suo legale Stefano Savi.

C'è poi Spinelli, uomo esuberante, che a un interlocutore riferisce che il figlio «non vuole che faccia i finanziamenti ai partiti, ma io li devo fare...scusa ti sembra? È tutto regolare».

Anche qualcun altro non sarebbe stato d'accordo con i bonifici. La manager del fondo che deteneva il 45 per cento del gruppo Spinelli, al telefono col patron mostra perplessità ad approvare la donazione al comitato di Toti: «È un problema reputazionale perché i partiti politici fanno parte delle varie istituzioni e quindi questi pagamenti possono essere sempre un po' visti come corruzione altre cose», gli dice la donna. Ma poi vengono fatti comunque. Spinelli del resto sembra avere pochi timori.

In un incontro con Paolo Signorini, presidente dell'autorità portuale, anche lui ai domiciliari con l'accusa di corruzione, parlando della necessità di ottenere nuovi spazi portuali per le esigenze logistiche del gruppo, riferiva la sua intenzione di occupare alcune aree portuali col rischio di incappare in sanzioni: «Mi prenderò un verbale, tanto a 83 anni cosa mi possono fare un cazzo?».

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