Cronache

A Damasco c'è un Hitler da destituire

Ha una data di nascita il seme della sofferenza dei bimbi morti strangolati dal sarin

A Damasco c'è un Hitler da destituire

Ha una data di nascita il seme della sofferenza disumana dei bambini che ieri sono morti strangolati dal gas sarin, alla mercé del gas nervino che procura un'agonia fra indicibili sofferenze. Ha una data quella sicumera hitleriana per cui Assad ha deciso di bombardare Khan Sheikun, nella provincia di Idlib nelle ore del mattino di ieri, e poi di inseguire i feriti con altre bombe negli ospedali dove i medici cercavano, in molti casi invano, di affrontare il gas, invincibile nemico dell'organismo umano. Ma per Assad che ha fatto il 70 per cento dei morti nel conflitto siriano, questa è routine. E lo sta diventando per tutti; che immensa vergogna.

Fu quando nel settembre 2013 Obama annunciò con la sua consueta assertività di toni e di principi che l'accordo stretto con Assad di Siria avrebbe consentito di «rimuovere la minaccia senza usare le armi», che il rais siriano si accomodò sulla sua poltrona a Damasco sicuro che avrebbe potuto fare quel che voleva col sostegno di Putin il grande; degli iraniani, icona della mano tesa degli Usa all'islam; degli Hezbollah milizia la cui ferocia si diparte dal Libano per colpire tutto il mondo.

Obama con quel discorso rinnegò la promessa da lui fatta di intervenire militarmente se il rais siriano avesse di nuovo superato «la linea rossa» ovvero l'uso delle armi chimiche con cui aveva ucciso mille persone a Damasco. Kerry aveva spiegato come si sapesse benissimo che l'uso del gas sarin e di altre porcherie chimiche usate dall'esercito di Assad avesse ucciso quei civili atrocemente perché erano contro il regime. Fu allora, nel 2013, che la vicenda siriana acquistò sempre più dimensioni bibliche, che furono incrementate le stragi, che l'abbandono di Obama ha spinto Putin a una decisa politica mediorientale, ha gonfiato l'ondata di profughi terrorizzati che ha travolto l'Europa, ha reso l'Iran una potenza militare in cinque Paesi con un'estensione terroristica negli Hezbollah. Assad si approfittò bene della tregua, prese tutto il tempo a disposizione e ancora di più per consegnare parte delle armi chimiche, si calcola tuttavia che da quell'agosto del 2013 con quello che era riuscito a conservare abbia compiuto un'altra quarantina di attacchi con i suoi Sukoi 22. Da quando la tregua è in atto, ieri è stata una giornata un po' più pesante del solito: i morti sono un centinaio, mentre in genere Assad ha conservato una sua media di 35 morti al giorno, sempre alla ricerca di bersagli come quello di ieri in seno alle quali individua organizzazioni nemiche come Hayat Tahrir al Sham, che ha sede a Idlib, ma sempre allargando l'obiettivo ai civili e anche ai bambini. L'attacco di ieri è un segnale molto pesante di quanto Assad, da quando Obama decise di non fermarlo, si senta sicuro. Non teme di riempire il mondo di disgusto e di rabbia. Se ne infischia. Anche Trump, avendo condannato l'attacco, non ha tuttavia annunciato nessun cambiamento di rotta politica. L'ipotesi più probabile è che specialmente dopo l'attacco terrorista di lunedì alla Russia di Putin, forse una reazione islamista al suo impegno militare contro l'Isis in Siria, Assad abbia agito, se non con il permesso, almeno certamente senza ricevere nessun divieto dai suoi alleati russi. E non ha nemmeno temuto di avvicinarsi al confine della Siria con la Turchia: tanto gli è favorevole la geopolitica del momento.

Ma questo è orribile, come si fa a non conservarne la coscienza e a desiderare una reazione? Come si può intenerirsi per quel povero bambino, figlio di tutti noi, affogato e gettato dai flutti sulla spiaggia, e non per le creature uccise dal gas? I bambini di Idlib sono soli di fronte al mondo, nessuno segnerà una linea rossa dopo il fallimento del 2013, se non muoiono in un attacco chimico o in un bombardamento verranno avvolti, su acque in tempesta, dalla coperta della fuga sunnita che investe l'Europa.

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