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Così l'ospedale del Papa lascia i malati liberi di morire

Sul tema onorevoli e senatori hanno fatto e continuano a fare orecchie da mercante

Così l'ospedale del Papa lascia i malati liberi di morire

Oggi a Firenze si svolge un convegno organizzato da Micromega che probabilmente farà rumore. Questo almeno ci auguriamo. Tema: l'eutanasia. Per legiferare sulla quale l'Associazione Luca Coscioni presentò 300 giorni orsono una proposta firmata da 70mila cittadini. Tale proposta, manco a dirlo, giace in Parlamento. Non è stata nemmeno presa in considerazione, nonostante il sostegno del presidente della Repubblica e quello del presidente della Camera.

Onorevoli e senatori hanno fatto e continuano a fare orecchie da mercante. Non vogliono immischiarsi in una faccenda tanto delicata e destinata, se venisse esaminata, a sollevare una selva di polemiche tra favorevoli e contrari a disciplinare la materia. Da una parte infatti ci sono ferventi cattolici decisi a opporsi alla dolce morte, dall'altra ci sono coloro i quali, invece, spingono affinché chi soffre senza speranza abbia la libertà di andare all'altro mondo senza esporre i medici che lo aiutassero a trapassare alle grane giudiziarie ben note.

A prescindere dall'odierno convegno di Micromega, segnaliamo che qualcosa su questo fronte sta cambiando negli ultimi giorni e che potrebbe aprire una breccia nel muro delle ostilità nei confronti dell'eutanasia. Ieri, in una intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, il professor Mario Sabatelli, responsabile del Centro Sla del Policlinico Gemelli di Roma, ospedale cattolico dove furono curati Giovanni Paolo II e il fratello di Papa Ratzinger, ha dichiarato apertis verbis, cioè senza ipocrisia, di aver accolto la richiesta di alcuni pazienti terminali, sottoposti a respirazione artificiale mediante tracheostomia, di non esser torturati con terapie dolorose, totalmente inefficaci ai fini della guarigione, e accompagnati con un'opportuna sedazione nell'ultimo breve viaggio verso l'aldilà.

Onore al professore per il coraggio dimostrato e soprattutto per la sua capacità di argomentare le ragioni che lo hanno indotto a prestarsi a simili operazioni. Egli afferma che, allo stato della ricerca scientifica, i malati di Sla (o morbi analoghi), una volta giunti allo stadio estremo, non sono in grado di sopravvivere se non con l'ausilio di un respiratore meccanico, il cui funzionamento comporta l'intubazione. Superfluo spiegare che ciò è causa di patimenti atroci. A questo punto sorge un problema di coscienza per i dottori: obbligare i pazienti a patire invano (dato che non hanno prospettive di riprendersi) oppure assecondare il loro desiderio di chiudere la parentesi terrena in modo umanamente accettabile?

Sabatelli questo dice e ribadisce: è la persona che subisce certi trattamenti a dovere scegliere liberamente la via da seguire, e il medico è costretto a inchinarsi alla sua volontà. Non esiste alternativa. La società, lo Stato, la legge non hanno il diritto di considerare il corpo di un malato grave come un oggetto di proprietà pubblica, privo di intelligenza e della facoltà di autodeterminazione. Ciascuno di noi è padrone di se stesso e quindi anche della propria vita, e qualora opti per un'anticipata uscita di scena va condotto alla porta con garbo. Guai a rifiutargli una mano. Sarebbe una violenza insensata, gratuita.

Per concludere il discorso, occorre sottolineare un concetto basilare. Nessuno sarà mai costretto ad accettare l'eutanasia, ci mancherebbe. Ma nessuno che, in condizioni pietose, preferisca la tomba al tormento può essere inappagato. A questo serve una normativa specifica. Non costa niente. Non implica investimenti diretti o indiretti. Va approvata e basta. Se i cattolici intendono offrire a Dio il loro calvario, non ci sia legge che glielo impedisca; sarebbe una costrizione intollerabile.

Altrettanto intollerabile sarebbe che un individuo non credente fosse condannato alla croce - al martirio - solo perché il parroco lo pretende.

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