Cronaca locale

Una delle vittime torna a casa ma altre due sono in fin di vita

Il ghanese ha usato un tubo di ferro per le prime tre aggressioni. Ma non faceva abbastanza male e allora ha rubato il piccone

Una delle vittime torna a casa ma altre due sono in fin di vita

Milano - Dopo il dolore e la disperazione del sabato di follia a Niguarda, ieri una prima, piccola buona notizia: una delle sei persone aggredite da Adam Mada Kabobo, ghanese di 31 anni, è stata dimessa dall'ospedale. Francesco Niro, 50 anni, è tornato a casa e, sciolta la prognosi, dovrà solo attendere che le ferite si rimarginino. Rimangono invece disperate le condizioni delle altre due vittime, in coma con ferite devastanti alla testa. Intanto i carabinieri proseguono le indagini per ricostruire le ultime ore dell'africano: quando è arrivato nel quartiere, dove ha dormito, quali armi ha usato e, anche se sarà difficile, capire cosa abbia scatenato la sua rabbia.

In base ai primi accertamenti dunque, Kabobo è comparso a Milano, dopo un paio d'anni in Puglia, da un mesetto: il 15 aprile infatti fu fermato proprio dai carabinieri in viale Monza, sempre zona nord, pochi chilometri da Niguarda. Poi è sparito, fino a ricomparire a Niguarda. Di sicuro qualche giorno prima delle brutali aggressioni. I militari hanno prima setacciato il vicino Parco Nord, poi le aree dismesse del quartiere fino a trovare tracce di un suo bivacco in un edificio fatiscente di via Passerini, una delle strade dove ha colpito. L'altro giorno l'africano si è mosso attorno alle 4 imbracciando un tubo di ferro verniciato di giallo.

Alle 4.30 aggredisce Andrea Carfora, 23 anni, che para il colpo, e rimedia un botta al braccio. Sempre con la spranga, 45 minuti dopo sorprende Niro, colpito a tradimento. La vittima rimane svenuta qualche minuto, poi si riprende e torna a casa grondando sangue. La moglie chiama il 118 e lo fa portare in ospedale dove gli vengono riscontrati traumi cranico e facciale con diverse fratture. Dopo una notte in osservazione ieri viene dimesso. Salvo.

Kabobo a quel punto forse si rende conto che l'arma impiegata non è poi così «letale» e la getta via: verrà ritrovata in via Galeotti-Bianchi, a due passi dall'ultima aggressione. E sempre nelle immediate vicinanze scopre in un cantiere una carriola in cui i muratori hanno lasciato alcune pale e un piccone. Lo prende, se lo carica in spalle, venendo immortalato da una telecamera, e ricomincia la sua caccia.

Alle 6 si avventa su Antonio Morisco, 56 anni, che intuisce le sue intenzioni e riesce a rifugiarsi in casa. Poi tra le 6.20 e le 6.25 colpisce in rapida successione Ermanno Masini, pensionato di 64 anni, Alessandro Carole, disoccupato di 40, e Daniele Carella, 21, che stava aiutando il padre nella consegna dei giornali. Il piccone provoca danni devastanti. I tre vengono portati in fin di vita in ospedale e difatti un paio di ore dopo Carole viene dichiarato morto. Restano ancora vivi, ma sprofondati in un coma profondo con serie lesioni al cervello, Masini e Carella. Nel frattempo Kabobo viene bloccato dai carabineri: appare allucinato, non spiega le ragioni del suo gesto.

«Ho fame» si limita a dire chiedendo da mangiare, poi si chiude in un delirante silenzio.

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