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Polonia, migliaia in piazza contro l'immigrazione

Nazionalisti, euroscettici, sacerdoti: tutti alla marcia "benedetta" da Duda, dove si inneggia alla Polonia cristiana e si bruciano le bandiere dell'Ue

Polonia, migliaia in piazza contro l'immigrazione

Varsavia - Migliaia di bandiere polacche, fumogeni, bandiere dell’Unione Europea date alle fiamme, cori contro l’immigrazione e per la “grande Polonia cattolica”: l’11 novembre a Varsavia è andata in scena la tradizionale marcia per celebrare l’anniversario dell’indipendenza del Paese, ottenuta nel 1918 poco dopo la capitolazione della Germania, che quest’anno però si è trasformata in una gigantesca manifestazione anti-immigrazione. Circa 50mila persone, infatti – questo sembra essere il numero più realistico dei partecipanti, tra i 15.000 dichiarati dalle televisioni polacche e i 100.000 secondo gli organizzatori – sono scese in piazza contro l’immigrazione, e le politiche dell’Ue e della cancelliera tedesca Merkel, in una manifestazione organizzata da diversi movimenti nazionalisti ed euroscettici, intitolata, per l’appunto, “Polonia ai polacchi, polacchi per la Polonia”.

Il che ha del paradossale, visto che il Paese finora non ha accolto nemmeno un rifugiato, con l’eccezione di 150 profughi cristiani provenienti dalla Siria. Ma qui, evidentemente, pensano che sia meglio prevenire, piuttosto che curare. Come spiega Robert Winnicki, uno degli organizzatori della manifestazione, appena eletto deputato con Ruch Narodowy (Movimento Nazionale), nella coalizione euroscettica Kukiz’15, che ha ottenuto circa l’8% alle elezioni dello scorso 25 ottobre. “Sebbene milioni di migranti provenienti dall’Asia e dall’Africa non siano ancora arrivati nel nostro Paese, come è successo in altri Paesi europei, vogliamo essere preparati ad un’eventualità del genere, ed è per questo che questa marcia per l'indipendenza è stata trasformata nella più grande manifestazione europea contro l’immigrazione e le politiche malate dell’Ue e di Angela Merkel”, afferma Winnicki. “Per questo, sulla questione dell’immigrazione, la Polonia sta lavorando, in questi mesi, sempre di più nel gruppo Visegrad, perché riteniamo che le élites politiche dei Paesi dell’Europa centrale”, continua, “non siano ancora tanto corrotte come quelle dell’Ue”.

La svolta euroscettica e nazionalista delle scorse elezioni parlamentari in Polonia, sembra essere dunque più che confermata. Ieri, infatti, durante la seduta inaugurale del nuovo parlamento polacco, nessuno dei seggi è stato occupato da deputati appartenenti a partiti di sinistra, che per la prima volta dal 1989 è stata esclusa dal Sejm. Il governo, come la presidenza della repubblica, è saldamente in mano al PiS (Diritto e Giustizia), il partito di destra di Jarosław Kaczyński, il gemello dell’ex presidente Lech, deceduto nel misterioso incidente aereo di Smolensk, nel 2010. All’opposizione ci sono il partito di centro-destra PO (Platforma Obywatelska), e il raggruppamento euroscettico guidato dal cantante pop-rock Paweł Kukiz, al cui interno convivono esponenti di partiti nazionalisti e liberali euroscettici.



Ed è forse soprattutto grazie a questa particolare congiuntura politica, che la marcia si è svolta senza incidenti, ed è stata inaugurata con la lettura di un messaggio indirizzato ai partecipanti proprio dal presidente Andrzej Duda. Chiediamo ad un altro degli organizzatori, un giovane sacerdote polacco di 26 anni, Jacek Międlar, il primo a salire sul palco allestito nel grande spiazzale adiacente allo stadio di Varsavia, cosa ne pensa del presidente Duda e perché è stato deciso di dedicare questa marcia al tema dell’immigrazione. “Non è il governo dei nostri sogni, ma c’è un po’ di speranza rispetto a quello precedente”, risponde padre Międlar, che fino a pochi minuti prima gridava alla folla che per difendere l’Europa dai migranti e dall’Isis bisogna ritornare alle radici nazionali e cristiane. Ospite d’onore sul palco della Marsz, c’è anche Laszlo Toroczkai, il sindaco di Asotthalom, il paesino al confine tra l’Ungheria e la Serbia divenuto famoso per la costruzione del muro contro i migranti, che qui è applaudito da tutti come un eroe. Nonostante l'ammirazione per le imprese ungheresi però, un’“orbanizzazione” della Polonia è molto lontana. Sono molte infatti le questioni che allontanano Duda e Orbán, a partire dalla politica estera, che in Polonia, salvo qualche rara eccezione, come quella degli euroscettici pro Mosca del KNP (Kongres Nowej Prawicy), è ancora fortemente russofobica e anti-tedesca.

Ma sull’immigrazione e le critiche all’euro e all’Europa, la marcia lo dimostra, i Paesi dell’Europa centrale del V4 di Visegrad, sono sempre più vicini e coalizzati: tutti in prima linea per il no alle quote di migranti imposte dalla Commissione Europea, e tutti contraddistinti da tassi di crescita economica che fanno invidia all’Europa occidentale, a cui non vogliono rinunciare per adottare la moneta unica.

Così, la spaccatura tra Est e Ovest in Europa è sempre più evidente, ed una ulteriore radicalizzazione delle posizioni anti-Ue di Varsavia sembra essere molto probabile nel prossimo futuro.

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