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E sull'intesa è psicodramma tra i dem

La base è spaccata. Spunta il fantasma di una nuova scissione

E sull'intesa è psicodramma tra i dem

Roma Nelle stanze del Nazareno si riaffacciano i fantasmi del passato. La sindrome della scelta affligge il Pd. Ogni volta che c'è da imboccare una strada, i democratici tentennano. Litigano. Minacciano scissioni. L'ansia della prestazione (decisione) blocca il partito. I timori di infilarsi in un vicolo cieco mettono a nudo divisioni e lotte fratricide. Svelando l'inesistenza di una linea politica chiara.

Il nodo da sciogliere, stavolta, riguarda il via libera all'appoggio a un governo con il M5s. Il copione è lo stesso del dicembre 2016. Delle settimane successive alla sconfitta al referendum sulla riforma costituzionale che determinò le dimissioni da premier di Matteo Renzi. Quando bisognava scegliere se andare subito al voto o garantire la continuità della legislatura. Il Pd anche oggi è fermo sulle proprie gambe. Incapace sia di passare all'attacco che difendersi da una base in rivolta contro il patto con i grillini. Non è stato ancora elaborato il lutto di una sconfitta, pesantissima, alle politiche del 4 marzo, che i democratici sono già chiamati a una nuova partita. Tutta interna tra le varie anime del partito. Un dibattito in cui il capo dello Stato Sergio Mattarella, che nel Pd ha una corrente molto forte, fa sentire il proprio peso. E oggi, come allora, il Colle suggerisce di evitare rotture, spingendo per un'intesa tra Pd e M5s. Ci sono i renziani, nel 2016 favorevoli alle elezioni anticipate, oggi contrari all'accordo con il M5s. C'è Andrea Orlando che cambia idea ogni giorno. Il ministro della Giustizia lancia segnali di dialogo a Luigi Di Maio ma poi se ne pente. Dalle parti del Nazareno, in questi giorni di grande agitazione, si rivedono (non fisicamente) i fantasmi di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani: i due ex compagni dem, che pare siano in fase di corteggiamento con Nicola Zingaretti (scenario smentito dal governatore del Lazio), non si tirano mai indietro quando c'è da mettere il dito nella piaga del Pd. Il reggente Maurizio Martina prova a giocare nel ruolo di capitano della squadra, chiedendo compattezza: «Ho grande rispetto per le opinioni di tutti su questo snodo, sono opinioni legittime di fronte a una scelta difficile. Ascolto chi non la pensa come me. Prego tutti di discuterne e rifletterci avendo sempre a cuore l'unità del Pd e della nostra comunità. Ragioniamoci insieme. C'è davvero bisogno di tutto il Pd».

Il 3 maggio la direzione deciderà se dare o meno il via libera all'accordo col M5s. Più si avvicina il giorno, più aumenta l'ansia. Nessuno vuole assumersi la responsabilità della scelta. Orlando propone un referendum. Ma anche la proposta, bocciata dal renziano Michele Anzaldi, del Guardasigilli si trasforma in terreno di scontro. Il timore di una mossa sbagliata è forte. Il rischio di un passo falso è enorme.

Insomma, un film (già visto) con un titolo vecchio: psicodramma Pd.

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