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L'Ue invasa dai clandestini sa espellere solo gli europei

Nel 2013 il Belgio ha cacciato 265 italiani senza lavoro perché "troppo onerosi". Pure il governo della Merkel prepara il giro di vite sul welfare: sei mesi e poi a casa

L'Ue invasa dai clandestini sa espellere solo gli europei

L'Europa dai confini colabrodo, invasa dai barconi carichi di clandestini che in minima parte (circa un decimo) vengono rispediti a casa, è invece rigorosa quando si tratta di «respingere» i suoi stessi cittadini. Capita con una certa frequenza, con buona pace dell'integrazione tra popoli, della libera circolazione dentro i confini Ue e della Nona di Beethoven. Capita soprattutto a quei cittadini europei che emigrano da paesi in crisi ad alta disoccupazione verso paesi - sempre Ue - dove sperano di trovare qualcosa di meglio. Capita dunque spesso anche agli italiani, tornati emigranti (in Germania, Inghilterra, Belgio...) in cerca di lavoro e opportunità. Attenzione però perchè chi parte per il nord Europa ma dopo tre mesi non può esibire un contratto di lavoro o almeno un'assicurazione sanitaria privata farà bene a preparare in fretta la valigia e comprarsi un biglietto di ritorno, perché altrimenti verrà invitato a farlo dalle autorità del Paese di cui è ospite (indesiderato). Lo prevede la direttiva europea 38 del 2004 (relativa, paradossalmente, al «diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri»), che all'articolo 7 dice chiaramente: «Ciascun cittadino della Ue ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante o di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante».

La cosa si estende anche ai famigliari, come spiega un altro articolo: «I cittadini dell'Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno finché non diventano un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante». Insomma, se non ha un lavoro e se diventa un peso per il bilancio pubblico del Paese che lo sta ospitando, l'ospite europeo diventa come il pesce: puzza. A quel punto la legge comunitaria la revoca del permesso di soggiorno, la conseguente decadenza dei benefici assistenziali (sanità pubblica) e, di fatto, lo status di clandestino (l'allontanamento con la forza è il caso estremo). La severità è variabile a seconda dei governi nazionali. Tra i più rigorosi c'è il Belgio, che nel 2013 ha ritirato il permesso di soggiorno e allontanato 2.712 cittadini Ue. Tra di loro ben 265 italiani. Ripetiamo, non si tratta di espulsioni di persone responsabili di reati, bensì di cittadini europei in un paese europeo (italiani in Belgio) ma che, non avendo un'occupazione stabile, godono del welfare di quel paese senza avere i mezzi per finanziarlo tramite le tasse.

Un caso finito sui giornali nel 2013 è stato quello di Silvia Guerra, bolognese, musicista e attrice. Casa in affitto insieme al figlio di dieci anni, un mutuo appena acceso con una banca belga, finché il comune di Saint-Gilles, sobborgo di Bruxelles, non la convoca per consegnarle l'«ordre de quitter le territoire», il foglio di via, come persona indesiderata in quanto onere sociale per lo Stato belga. «Un prosciutto o una scamorza in Europa circolano più facilmente che un essere umano» commenterà la Guerra.

Ma nell'Europa dell'eurocrisi il Belgio non è l'unico a stringere i rubinetti del welfare domestico. «Chi non trova lavoro, deve andarsene» titolava a marzo il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung , riportando il dossier redatto dai ministeri del Lavoro e degli Interni del governo tedesco su «Aspetti legali e lotta all'utilizzo dell'assistenza sociale da parte dei cittadini degli Stati membri dell'Ue». In sostanza un piano di difesa, formulato dall'esecutivo della cancelliera Merkel, per arginare gli effetti sulle finanze pubbliche nazionali dell'accesso al welfare da parte dei cittadini europei residenti in Germania. Tradotto: se entro sei mesi massimo non si trova un lavoro, auf wiedersehen , arrivederci, la Germania ti manda via. «Il numero di immigrati dalla Bulgaria e Romania e la quantità di problematiche sociali connesse sono inquietanti in alcune regioni. Meglio cercare soluzioni prima che diventi un grosso problema» dice il ministro dell'Interno Thomas de Maizière. Si parla di immigrati comunitari da Romania e Bulgaria ma si pensa anche agli altri: polacchi, greci, spagnoli e soprattutto italiani, terza comunità straniera per nuovi ingressi (+40%) in Germania, che nel 2013 ha raggiunto il record di 400mila arrivi dall'Europa.

Tutti a bordo della locomotiva tedesca, che però non vuole chi viaggia a scrocco.

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