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Napolitano non si arrende: altro siluro contro Mattarella

Il presidente emerito interverrà anche in Senato contro il Rosatellum. Il silenzio infastidito del capo dello Stato

Napolitano non si arrende: altro siluro contro Mattarella

Il re chiacchierone e il presidente silente. L'emerito e l'eremita, come li definì acutamente L'Espresso. L'ex presidente Napolitano ha sempre avuto la nomea di «gentiluomo del Sud», ma di sicuro non per la pratica del galateo istituzionale. La verità è che l'emerito non si è mai sentito tale, non si è ritirato nel riserbo degli ex, come prevede la consuetudine repubblicana, e continua a sentirsi inquilino del Colle. Insensibile al rischio che le sue entrate a gamba tesa possano interferire con le prerogative del successore. Un po' come se Ratzinger si mettesse a predicare contromano rispetto a Bergoglio. Incurante dei malumori che il Quirinale tiene strettamente riservati, Napolitano ha criticato il Rosatellum per la «dichiarazione del nome e cognome della persona indicata come capo della forza politica da parte dei partiti» che Re Giorgio bolla come «grande equivoco» e «incompatibile con i nostri equilibri costituzionali». Un attacco frontale su un dettaglio della norma che sarebbe stato anomalo, a fronte di un voto di fiducia, perfino se pronunciato da Mattarella. E ieri Napolitano ha rincarato preannunciando che non si arrende e tirerà un altro calcio a Mattarella con un intervento in Aula: «Con la fiducia non mi resta che la sola possibilità di intervenire in Senato nel corso del dibattito in Assemblea. Ed è ciò che intendo fare, anche per mettere in luce l'ambito pesantemente costretto in cui qualsiasi deputato oggi, o senatore domani, può far valere il suo punto di vista, e contribuire così alla definizione di un provvedimento tra i più significativi e delicati».

Nel mirino dell'ex capo dello Stato c'è la norma che prevede l'indicazione del capo della forza politica all'atto del deposito del programma. Sarebbe questa previsione a «squilibrare» gli equilibri costituzionali. Pazienza se la norma è travasata con il copia e incolla dall'Italicum, legge elettorale il cui iter è stato quasi tutto supervisionato da Napolitano come presidente. Pazienza se nel dibattito politico e costituzionale non c'è alcuna traccia di polemiche su questo punto. Pazienza se la Consulta, il cui sindacato dev'essere, dice la Carta, più approfondito di quello del presidente della Repubblica, non ha avuto nulla da eccepire. E pazienza anche se Napolitano non si è accorto della presunta «gravità» di quella norma quando era presidente. Anzi: oggi il gentiluomo si lamenta perché la fiducia non permette ai parlamentari di discutere la legge, nel suo ultimo discorso da presidente criticò chi discuteva troppo le riforme del governo, come l'Italicum, con «spregiudicate tecniche emendative». Stessa norma, due atteggiamenti diversi. E nessuna considerazione per il successore che invece, cosciente dell'importanza di una legge elettorale funzionante, si è speso per farla approvare.

È come avere due presidenti, con stili agli antipodi. E l'uno, quello in pensione, non si preoccupa se taglia la strada all'altro, quello in carica. Lo fece già a giugno, quando intervenì contro l'accordo sulla legge elettorale che includeva i grillini perché non voleva elezioni anticipate. Dal Quirinale la linea non cambia: no comment. Ma forse a che punto siano i rapporti tra due lo rivela meglio di ogni parola un episodio dello scorso agosto. Mattarella arrivò a Dobbiaco per le ferie proprio mentre Napolitano ripartiva. I due cortei di auto blu praticamente si incrociarono.

Senza fermarsi nemmeno per un caffè.

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