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Grandi manovre alla Camera per il posto da 600mila euro

Zampetti lascia a fine anno l'incarico da segretario generale della Camera. Nel palazzo molti sgomitano per la successione

Grandi manovre alla Camera per il posto da 600mila euro

Roma La lotta per la successione alla poltrona di segretario generale della Camera è iniziata. Il potentissimo Ugo Zampetti dopo 15 anni va in pensione a dicembre. Oggi è il principale consigliere della presidente Laura Boldrini, giunta alla Camera senza esperienza né di procedure né di gestione di Montecitorio. Funzionario di lungo corso e attento gestore del potere, aveva cercato di restare in sella con una proroga. Fino a diventare – con uno stipendio da quasi 600mila euro – il più zelante sponsor dell'introduzione di un tetto agli stipendi della Camera. Con Renzi però non c'è stata partita. I vertici Pd hanno detto no e dunque deve rassegnarsi alla pensione, in attesa di ascendere al Quirinale come segretario generale al posto di Donato Marra. Sempre che venga eletto un presidente «amico» (Franceschini o la stessa Boldrini).

Intanto a Montecitorio serve un successore. L'asso nella manica della presidente (e del segretario generale) è il giovane Fabrizio Castaldi , alla Camera dal 1999, da circa un anno a capo della segreteria della presidente; 43 anni, romano, figlio di un ex funzionario della Camera, è giovane e brillante, anche se non ha mai avuto una direzione amministrativa e poca esperienza diretta sia del settore legislativo sia del settore amministrativo. Chi vuole la sua nomina vuole dare un segnale al nuovo corso renziano, ma al contempo garantire la continuità: si vocifera che in questo disegno Zampetti rimarrebbe alla Camera con un incarico di consulenza. Sul piano dei rapporti politici Castaldi sarebbe visto come diretta emanazione della presidente e non come un funzionario terzo, potrebbe finire nel mirino dell'opposizione e la nomina creerebbe una spaccatura interna poiché salterebbe nel «ruolo» dei funzionari oltre 60 persone.

Esclusi gli attuali vice, Aurelio Speziale e Guido Letta , coetanei di Zampetti e appiattiti sulla sua gestione, la scelta più «istituzionale» è il lucano Giacomo Lasorella , da 12 anni a capo del servizio Assemblea, 50enne fratello della giornalista Carmen alla Camera dal 1988 e responsabile dell'organizzazione del lavoro dell'Aula. Nel suo curriculum c'è anche la direzione dell'ufficio del regolamento e dell'ufficio delle commissioni d'inchiesta, oltre che una lunga permanenza alla segreteria della giunta per le autorizzazioni e un breve periodo nei settori amministrativi. Pur essendo di area Pd, è considerato una candidatura istituzionale, bene accolta dalla generalità dei deputati.

Se invece si volesse scegliere un funzionario «manager» l'alternativa sarebbe Annibale Ferrari , 52 anni, anche lui alla Camera dal 1988. È a capo del Servizio studi. Tra i possibili successori di Zampetti è il più «impegnato» politicamente e il più schierato con il nuovo corso renziano. Secondo le voci di palazzo avrebbe rinunciato e stretto un patto di ferro con Lasorella, più «istituzionale» e meno divisivo, ipotizzando per sé un ruolo di vice. Nessuno di questi due ultimi candidati è nel cuore della presidente, e soprattutto di Zampetti.

La proposta Castaldi potrebbe essere solo un ballon d'essai per poi blindare un altro fedelissimo di Zampetti. Tra le alternative Costantino Rizzuto Czaky , 50 anni, da 12 a capo dell'ufficio del regolamento. Molto esperto di procedure parlamentari, è artefice di una proposta di riforma del regolamento che si è arenata sotto il fuoco di sbarramento delle opposizioni. Accanto a lui Lucia Pagano , 52 anni, romana, figlia di un funzionario del Senato, capo dell'ufficio affari generali e da poche settimane spostata al servizio commissioni. La Pagano è stata sempre l'ombra di Zampetti. Sarebbe la prima donna a ricoprire questa carica. Più indipendente è un'altra donna, Paola Perrelli , 50 anni, a capo di tutti i servizi amministrativi della Camera. Dalla sua parte ha la notevole esperienza in campo legislativo e l'unanime stima di deputati e dipendenti.

Alla fine a decidere dovrà essere il Pd, al quale si pone l'alternativa se puntare decisamente su un proprio nome o non scontentare la presidente. In ogni caso il regno del successore di Zampetti non sarà così lungo come il suo: l'idea prevalente è di limitarne la durata a 5 o 7 anni.

Abbastanza, comunque, per condizionare la prossima legislatura.

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