Letteratura

Il mondo di ieri di Reichmann è un rifugio da cui osservare la "trivialità della storia"

Dell'imponente schiera di scrittori rumeni che trovarono in Francia una seconda patria letteraria, Edgar Reichmann, di cui ora Atlantide pubblica Appuntamento a Kronstadt resta il meno noto

Il mondo di ieri di Reichmann è un rifugio da cui osservare la "trivialità della storia"

Dell'imponente schiera di scrittori rumeni, Ionesco, Cioran, Eliade, Ghiyka, Horia, che trovarono in Francia una seconda patria letteraria, Edgar Reichmann, di cui ora Atlantide pubblica Appuntamento a Kronstadt (pagg. 255, euro 26, traduzione di Maria Sole Iommi), resta il meno noto. Nato nel 1929, morto lo scorso anno, diplomatico, romanziere, professore universitario e critico letterario in specie per Le Monde, Reichmann appartiene a una diaspora successiva rispetto ai nomi citati, ovvero a una seconda emigrazione postbellica in cui l'eco della Bucarest «piccola Parigi» dell'Est Europa era ormai sbiadito e la Romania di Ceausescu sembrava conservare, con la Jugoslavia, un'autonoma dignità fra i Paesi comunisti legati a filo doppio con l'Unione Sovietica.

Ciò rendeva il suo esilio meno glamour e più problematico, perché andava a coincidere con quegli anni Sessanta in cui la Romania comunista si presentava come la risposta vincente e convincente a quella Romania fascista della Guardia di ferro e poi collaborazionista della Germania hitleriana che negli anni Trenta e Quaranta l'aveva preceduta, e insomma l'aver scelto la libertà e le seduzioni dell'Occidente capitalistico suonava un po' come un tradimento rispetto al «paradiso dei lavoratori» promesso in patria e nello stesso Occidente divulgato da intellettuali tanto compiacenti quanto ottusi, oppure semplicemente prezzolati. Se ne accorgerà Vintila Horia, classe 1915, che, vincitore nel 1960 del Goncourt, il più prestigioso dei premi letterari francesi, si vedrà al centro di una campagna di stampa sapientemente orchestrata dall'ambasciata rumena di Parigi e dal quotidiano comunista L'Humanité, che gli rinfacciava il suo passato a fianco del defunto regime di Antonescu...

Nato a Galati, figlio di un imprenditore ebreo che aveva una piccola flottiglia di battelli per fare crociere sul Danubio, Reichmann trascorse la sua giovinezza a Brasov, nota anche con il nome tedesco di Kronstadt, quello che appunto dà il nome a questo suo romanzo autobiografico e insieme onirico. Situata nei Carpazi, non lontana dal celebre castello di Dracula, Kronstadt è ancor oggi una cittadina ricca di fortezze, di chiese e di rovine gotiche, di un certo gusto barocco conservatosi più o meno miracolosamente nel tempo.

Così come il protagonista del romanzo, Arnim Stern, il giovane Edgar vi trascorse un'infanzia felice e, a suo modo, cosmopolita: governanti tedesche e francesi, frequentazioni borghesi e aristocratiche, ma anche contadine, tradizioni, ebraiche e cattoliche, rumene e gitane, presenze russe e tedesche... Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, Edgar-Arnim vede il suo mondo infantile andare in fumo; quando la guerra finisce è un adolescente pronto ad accettare il nuovo corso che la storia porta con sé, quella rivoluzione che, pensa ingenuamente, non gli impedirà «di terminare gli studi, più tardi insegnare all'università, sposare una ragazza saggia e perbene, ed essere felice con lei in una casa piena di amici e di bambini irrequieti». Non sa che «la rivoluzione non solo divora i suoi figli, ma anche i suoi ispiratori e, con l'occasione, pure un buon numero di quelli a cui prometteva più giustizia, più felicità, più libertà».

Kronstadt, nel frattempo, è stata ribattezzata Città di Stalin, l'antico Palazzo Janossi è divenuto il Museo Popolare dello Stato, il viale del Voivoda Mihai adesso è il viale della Repubblica, in onore del nuovo regime... Edgar-Arnim, per quanta buona volontà ci metta, al nuovo regime è però refrattario. Non per motivazioni ideologiche, è troppo impregnato di antiche leggende, tradizioni, castelli e principesse per accettare un nuovo mondo dove tutto scorre nel binomio rivoluzione versus reazione... Vorrebbe insegnare, ma la sua prova d'esame è giudicata come lo scritto «di un agente degli opportunisti di destra, dei conciliatori, e dei traditori del popolo, i nostri peggiori nemici. In queste condizioni come affidarle un posto d'insegnante?». Ciò che in cambio gli verrà ordinato, è «un periodo di rieducazione presso il Cantiere dell'Amicizia del canale. Due anni passano molto veloci, ne tornerà un uomo diverso. In tal caso riesamineremo, eventualmente, la sua candidatura e un posto d'insegnante adatto a lei. Non prenda la nostra mansuetudine per debolezza. Sarà sorvegliato da vicino, giudicato».

È grazie a un amico d'infanzia, Ariel, divenuto un pezzo grosso nel Partito, che Arnim-Edgar evita quel cantiere sul Danubio che in realtà «era un vero e proprio campo trincerato dove si utilizzavano, per sterminarli, gli oppositori del regime e a volte si sfruttavano anche l'entusiasmo e la buona fede degli studenti che volevano costruire la città di un futuro improbabile». Si ritroverà «delegato della Città di Stalin al congresso d'Atene», con tanto di passaporto valido per tutti i Pesi. È così che ha inizio il suo esilio...

Appuntamento a Kronstadt è un libro particolare proprio perché non ha nulla delle memorie, diciamo così, politico-ideologiche di chi, costretto ad andarsene, rivendica e insieme rimpiange le sue ragioni. Il suo protagonista, come tutti i fuoriusciti, sogna sì «la felicità, vecchio fantasma di apolidi», ma sa che se «ieri è oblio, domani è silenzio». Arnim-Edgar, in realtà, è uno «sempre all'inseguimento di qualche chimera, di una passione impossibile, fuori da ogni geografia e cronologia», sempre «al margine degli avvenimenti della storia, lontano dal suo sipario che sposta le frontiere, cancella le nazioni, e frantuma le famiglie». È la «deleteria trivialità della Storia» ciò che più lo minaccia e la sua stessa vita di esule a Parigi alla fine si troverà invischiata in situazioni che non comprende, in intrecci di cui è inconsapevole. Del resto, una delle condizioni tipiche dell'esilio è che, come ogni vita artificiale che ha preso il posto di quella naturale che era la tua, la finzione, l'inganno, la facciata esterna ne sono le caratteristiche più evidenti. Dietro di esse, c'è sempre però l'ombra lunga di un passato, di un regime, di un sistema politico che, se ti ha permesso di andare via, non per questo ha smesso di considerarti una sua proprietà...

Uscito nel 1984, quando ancora l'Est Europa sembrava godere di buona salute e Ceausescu continuava a essere il conducator della Romania, Appuntamento a Kronstadt è un lancinante amarcord sul mondo di ieri, dove però nemmeno il ricordo riesce più a farti sentire in patria e in pace con te stesso.

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