Cronache

"Cara Boldrini, ti racconto il mio stupro"

Sul quotidiano Il Tempo, la lettera di una ragazza vittima della brutalità due rom nella Capitale: "Ora basta col perbenismo"

"Cara Boldrini, ti racconto il mio stupro"

"Le voglio raccontare in diretta cosa prova una donna, di qualsiasi nazionalità o religione, quando viene violentata". Inizia così una lettera pubblicata in prima pagina dal quotidiano Il Tempo e firmata da una ragazza violentata da due rom a Roma.

"Non ne posso più dell'ipocrisia della politica che interviene o non interviene a seconda se lo stupratore è un immigrato oppure no (o nel caso della signora Boldrini che ha condannato lo stupro di Rimini a tre gioni dai fatti e solo dopo le polemiche sollevate dai suoi avversari) o perché qualche simpaticone, tipo quel mediatore della coop, rilancia l'idea che lo stupro è tale solo all'inizio perché poi la donna si calma e godo", scrive la ragazza.

Che poi si addentra nel racconto della sua tremenda vicenda in cui è finita vittima di "esseri umani stranieri che sarebbe meglio chiamare animali".

"Mentre chattavo su Facebook al telefono con il mio ex ragazzo ho visto un'ombra nera allungarsi sempre di più. Mi sono fermata per capire cosa fosse ma quando l' ho vista correre verso di me era già troppo tardi. Ho provato a strillare ma l'urlo è tornato in gola rimbalzando sulla mano pigiata sulla bocca. Quell'uomo mi ha colpita e trascinato attraverso oltre la rete fino a chiudermi in una baracca maleodorante. Due belve feroci. Non era solo, quel bastardo. Mi hanno fatto sdraiare su un materasso putrido, strappato, mi hanno bloccato le gambe e a quel punto ho chiuso gli occhi e pregato mentre mi sentivo strappare la pelle, violare nell' intimità, in balia del mostro, privata della mia libertà, carne da macello. Come se la mia vita non avesse valore. Piangevo e tremavo mentre quei maiali si divertivano a turno. Sarà politicamente scorretto, sarà non bello a dirsi, sarà che cristianamente bisogna perdonare, ma queste persone, caro direttore, non credo possano vivere in mezzo a noi. Non posso dire cosa gli farei, ma chiunque nelle mie condizioni penserebbe di fargli esattamente le stesse cose.
Fatico a considerarli umani. Perversi, infami, vigliacchi, questo sono".

La ragazza poi spiega di aver ripensato a quel momento quando la vicenda dello stupro di Rimini ha fatto capolino nelle cronache. Anche lì uno stupro violento nei confronti di una donna e poi di un transessuale.

"Per quegli schifosi, quell'abuso sessuale era una via di mezzo tra una festa e un sacrificio. Io ero lì, loro fumavano, bevevano, ridevano, si sfogavano sessualmente, parlavano tra loro mentre io ero buttata lì. Poi, forse per eccitarsi, inframezzavano parole in italiano e discutevano ad alta voce se uccidermi o tenermi invita, ovviamente dopo aver fatto un altro giro sguazzando nella mia carne, stuprando la mia anima. E ridevano, quanto ridevano...", si legge ancora sul Tempo.

Poi alla fine la ragazza è riuscita a scappare, approfittando di un momento di distrazione di uno dei rom. Un incubo finito. Un incubo che rimarrà impresso indelebilmente nella sua anima.

"Sa, direttore, tanta era la vergogna che non ho detto nulla a mio papà per 4 giorni, non volevo farlo soffrire. Poi però non ce l' ho fatta e mi sono liberata di tutto. Lui è stato un papà d' oro, si sorprendeva solo del silenzio stampa intorno a questa storia che coinvolgeva dei rom (zingari non si può scrivere, vero?). Ma non si dava pace. Temeva che altre ragazze potessero fare la mia stessa fine. Sa cosa ha fatto? Ha riempito il quartiere di volantini per raccontare cos'era successo, ed è solo a quel punto che i giornali hanno cominciato a scrivere.
Non voglio buttarla in politica, non mi interessa. Non sono di destra e nemmeno di sinistra. Ma da allora sono iniziate ad accadere cose assurde. Certe associazioni di sinistra non solo non hanno avuto il minimo rispetto per quanto avevo subìto, ma hanno addirittura detto per telefono a mio padre che non doveva manifestare perché i due violentatori erano dei rom e così si sarebbe alimentato il «razzismo». Quei giorni sono stati terribili, ci chiamavano «fascisti», andavano in giro per il quartiere a mettere voci in giro che io mi ero inventata tutto, che ero una puttana".

Infine l'appello: "Supplico tutti a finirla con questo politichese da schifo, col perbenismo, coi due pesi e le due misure. Perché quel che è capitato a me può capitare stasera a vostra figlia.
Vorrei che la signora Boldrini, che tanto si batte per i diritti delle donne, non avesse remore a parlare di immigrati se immigrati sono gli stupratori, o di italiani se un italiano fa cose del genere.

La violenza sessuale non ha colori, ideologie, religioni".

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