Cronache

"La Casa della Divina Provvidenza in mano ai musulmani. Papa Francesco pensaci tu"

I dipendenti della struttura di Bisceglie in Puglia scrivono al Santo Padre. Tra gli acquirenti dell'ex ospedale psichiatrico un fondo anglo-arabo

"La Casa della Divina Provvidenza in mano ai musulmani. Papa Francesco pensaci tu"

A Bisceglie, in provincia di Bari, non si danno pace. I toni sono quasi da guerra di religione, quello che pure si vuol evitare. Il sindacato Usppi della Casa della Divina Provvidenza, struttura di cura che ha ospitato l’ospedale psichiatrico, ha scritto una lettera a Papa Francesco, affinché vigili sulla scelta degli acquirenti del complesso facente parte dell’Opera “Don Uva”. A sollevare i timori l’interesse all’acquisto anche di una “cordata” arabo-britannica e questo ha impaurito il piccolo paese pugliese. Si teme che la Casa della Divina Provvidenza finisca nelle mani di persone di religione musulmana, con i rischi legati al fondamentalismo.

Nella lettera, il segretario generale del sindacato, Nicola Brescia, specifica: “Non è tollerabile che i principi Cristiani, fondamento ed essenza dell’opera di Don Pasquale Uva che, nel 1922 ha fortemente voluto questa struttura dedicata al sollievo ed alla sofferenza dei folli, al disagio dei più deboli, possano trasformarsi sotto l’egida della religione islamica in qualcosa di diverso o in una mera operazione speculativa”.

A sollevare la questione sono stati i sospetti, le incertezze, la poca chiarezza intorno alla vendita dell'immobile 'Don Uva'.

La procedura è iniziata nel 2014 e si sarebbe dovuta chiudere il 12 febbraio di quest'anno, ma è rimasta aperta senza dare troppe spiegazioni ai dipendenti e ai sindacati.

“Perché questi misteri?” chiede, ancora, Brescia.

I 1250 dipendenti della casa di cura invocano, quindi, l'intervento del Papa dichiarando, nella lettera mandata in forma anonima, che è “ormai l'unico difensore della Cristianità più autentica ispirata direttamente da Gesù e da San Francesco”.

“Ormai non ci fidiamo più di nessuno. – spiegano ancora nella missiva rivolgendosi al pontefice - L’unica speranza è nella Sua attenzione verso questa vicenda e nell’aiuto del Signore affinché il suo intervento possa far luce su quanto di mistico ed occulto accade nella vendita delle opere di chi ha dedicato la sua vita per i folli e per i bisognosi di carità”.

Al di là degli aspetti religiosi, dei timori e dell’afflato spirituale, il sindacato Usppi teme che la vendita del “Don Uva” possa cambiare i termini delle attività sanitarie così che la struttura finisca “smembrata e denaturata con fini non meglio identificabili”.

E con incognite pesanti sul futuro lavorativo dei dipendenti.

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