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Sparò a Togliatti. Per la sinistra non va salutato

La conduttrice nel mirino per le parole rivolte all'attentatore di Togliatti. Il Pd: "Sconcertante"

Sparò a Togliatti. Per la sinistra non va salutato

Sono passati quasi 71 anni, ma per qualcuno la storia non esiste. C'è solo la cronaca, con le sue polemiche di giornata e il suo passo corto e sincopato. Sono nel salotto di Domenica in, dove l'alto e il basso convivono e vengono cuciti dalle mani esperte di Mara Venier. Si parla di tante cose, ma anche del mio libro appena uscito: Quattro colpi per Togliatti, la storia drammatica dell'attentato che per poco non spedì il segretario del Pci all'altro mondo. Ho convinto Antonio Pallante a rompere il suo lungo silenzio, peggio di un monaco trappista, e a raccontare quel terribile 14 luglio 1948. Con tutto quel che successe: l'indignazione e la rabbia della base comunista, gli scioperi che bloccarono il Paese, i moti e i morti in tante città d'Italia. E poi Bartali che in mezzo a quell'impazzimento generale il giorno dopo vince sulle Alpi al Tour, dopo aver ricevuto una telefonata da un preoccupatissimo De Gasperi, e restituisce serenità ai connazionali sull'orlo della guerra civile. Ma tutte queste considerazioni, e molte altre ancora, non appartengono ai ritmi della tv. I temi sono solo accennati e siamo già ai titoli di coda.

Forse Pallante, ormai un vegliardo che si avvicina al secolo, ci sta seguendo da casa sua. Chissà. Mara lo saluta. E puntuale come un orologio svizzero parte il processo. Tutto targato Pd. «Quello che è accaduto oggi pomeriggio ha dell'incredibile, anzi del vergognoso», tuona Emiliano Minnucci, consigliere regionale. In effetti, si potrebbe pensare ad uno scherzo di Carnevale, solo in anticipo sui tempi, ma non è così. «Mara Venier - sciabola Minnucci - si è tranquillamente permessa di salutare il fascista Antonio Pallante». Che, fra parentesi, non era fascista ma si collocava fra i Liberali e l'Uomo qualunque e si considerava semmai un pronipote degli apostoli del Risorgimento. Minnucci però non è solo con il suo disagio. Ecco anche Rita Borioni, consigliere d'amministrazione Rai: «La conduttrice manda un saluto ad Antonio Pallante. È sconcertante».

Sì, è sconcertante che si scambi un capitolo ormai lontano per un episodio accaduto qualche giorno fa, come se Pallante avesse ancora fra le mani l'arma fumante e andasse, lui, in tv, a rivendicare l'attentato. Ma questo lo fanno altri: assassini, criminali, terroristi che hanno ucciso, tutti pronti a entrare e uscire dalle porte girevoli della tv di Stato, dei convegni e delle cattedre.

Questi signori fra una comparsata e l'altra non hanno nemmeno il tempo per chiedere scusa, anzi perdono, come Pallante che, per inciso, ha finito di scontare la pena a Natale 1953. Sessantacinque anni fa. Un tempo che dovrebbe essere un diaframma ragionevole per assorbire gli sconvolgimenti di quell'epoca. Niente. Sembra che Domenica in abbia fatto l'apologia di un mancato assassino e non si sia limitata a fornire gli occhiali della critica ai telespettatori. Francesco Verducci, senatore Pd, membro della vigilanza Rai e vicepresidente della Commissione Cultura, definisce «inquietante e gravissimo quel che è accaduto». Forse ritenendo Pallante un compagno di Battisti o uno dei brigatisti rossi ancora latitanti a Parigi.

Pare di stare sulla Luna e invece siamo alle solite: la Rai provoca fibrillazioni e allucinazioni collettive. E, in questo marasma, nemmeno una parola di plauso per la conduttrice che a inizio stagione ha accettato una sfida difficilissima e ha ridato lustro a un programma in disarmo. Lei intanto, si è già scusata attraverso l'AdnKronos: «Sono dispiaciuta, ho solo salutato una persona molto anziana».

Ma vallo a spiegare ai fustigatori dell'etere.

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