Economia

Ilva, Alitalia e Whirlpool. Mina di 8mila tagli sulle urne

Slitta il vertice Arcelor-sindacati sul polo di Taranto e la vendita di Alitalia si allontana. La crisi Almaviva

Ilva, Alitalia e Whirlpool. Mina di 8mila tagli sulle urne

Ilva, Alitalia, Almaviva e Whirlpool. Non è ancora nato, ma il nuovo governo di primavera si prepara a muovere i primi passi tra una serie di grane industriali-occupazionali non facili. In realtà, i «tavoli» aperti nel 2017 sono ben 162 per circa 170mila addetti coinvolti. Ma queste quattro partite, e in particolare quelle che si giocano sul fronte aereo e della siderurgia, saranno le più delicate. E saranno destinate anche a far parte della campagna elettorale dell'ultimo minuto. Nelle intenzioni del governo Gentiloni, infatti, avrebbero dovuto risolversi prima di fine legislatura. Appare ormai chiaro, però, che il tempo stringe e tra accordi sindacali e veti incrociati difficilmente sarà così. Col fiato sospeso e un attento occhio alle urne resteranno, dunque, solo per questi quattro dossier, quasi 39mila lavoratori, per circa 7-8mila esuberi potenziali.

La parte del leone arriva da Alitalia e dall'Ilva. I commissari Enrico Laghi, Stefano Paleari e Luigi Gubitosi che hanno preso le redini della ex compagnia di bandiera avrebbero a disposizione, da oggi, 43 giorni per trovare il partner ideale che non scontenti nessuno, accordarsi con i sindacati sul numero di esuberi e dare il via alla vendita. Una mission che si fa sempre più «impossible». L'incontro andato in scena il 15 gennaio ha sancito, infatti, la situazione di stallo in cui versa la cessione. I commissari hanno ripreso la lista delle 32 manifestazioni d'interesse presentata in giugno per riaprire il dialogo. Niente rush finale a tre, dunque. Sia Delta che Air France hanno risposto positivamente. E Air France ha avuto accesso alla data room per poter elaborare proposte. Lufthansa, che era data per favorita ma con il rischio di pesanti tagli è stata invece per ora «messa alla porta» dal ministro dei Trasporti, Graziano Delrio: «Non svendiamo ai tedeschi». Al momento su questa partita gli esuberi attesi sono circa 2.000 su 11.600 addetti della compagnia

Quanto alla crisi dell'Ilva, i lavoratori in gioco sono 14.200. Da quando ha vinto la gara per l'aggiudicazione del sito, la cordata franco indiana guidata da Arcelor Mittal ha detto di volerne «salvare» poco più di 10mila. La trattativa però è ancora in corso su tutti i fronti, da quello sindacale a quello ambientale. Inoltre, la vendita, che avrebbe già dovuto essere avvenuta, è stata bloccata dal veto incrociato degli enti locali tarantini. Lo scontro - tutto interno alla sinistra tra il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda e il governatore della Puglia Michele Emiliano - culminato con un ricorso al Tar contro il decreto ambientale disegnato dal governo ha di fatto congelato tutto e mandato l'operazione ai tempi supplementari. Ormai a dopo le elezioni. Ne è la prova il fatto che proprio ieri è stato annunciato che gli incontri al Mise tra Arcelor, sindacati e commissari, programmati per il 23 e il 24 gennaio, sono slittati al 29, 30 e 31 gennaio.

Quanto alla Whirlpool, che in Italia conta circa 6mila addetti, è un caso riesploso di recente quando la società ha annunciato che avrebbe lasciato a casa 497 lavoratori sui 537 occupati dallo stabilimento Embraco di Riva di Chieri, nel torinese. Il primo di una serie di tagli collettivi che ha messo in allarme i sindacati, preoccupati della perdita di quota di mercato del gruppo «che non lascia presagire nulla di buono» e che evidenziano come «si vada a rilento in termini di produzione e di investimenti». E che ora apre una fitta trattativa con l'azienda. Whirpool ha rilevato Indesit due anni fa promettendo di non toccare il piano occupazionale fino al termine del piano industriale nel 2018 e di investire nel Paese 513 milioni in tre anni.

Infine, per quanto riguarda i call center di Almaviva, la società è in crisi da tempo e conta in Italia 7.500 dipendenti. Nell'ultimo anno è stata al centro di un duro braccio di ferro sindacale culminato con il licenziamento di 1.666 dipendenti a Roma, poi parzialmente reintegrati (153 addetti). Sono in corso attualmente confronti con le parti sociali per l'uso di ammortizzatori sociali.

La situazione è comunque potenzialmente incandescente anche dopo i minacciati trasferimenti da Milano a Cosenza, poi rientrati all'ultimo minuto.

Sul tavolo del prossimo governo non ci sarà un numero preciso di esuberi, ma l'alert su un'azienda che potrebbe tornare a «tagliare» in qualsiasi momento.

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