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Colonie in Israele, Francia e Gran Bretagna convocano ambasciatori

Londra e Parigi sentono i rappresentanti diplomatici in risposta alla decisione di Tel Aviv di costruire nuovi alloggi nei territori occupati. Dubbi anche da Russia e Germania

Colonie in Israele, Francia e Gran Bretagna convocano ambasciatori

Israele prosegue nel suo progetto. E a pochi giorni dal riconoscimento della Palestina come Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite, un gradino sopra lo statuto di "entità" che gli era stato concesso in precedenza, pensa alla costruzione di tremila nuovi alloggi nei territori occupati.

L'idea è quella di unire Gerusalemme e la colonia di Maaleh Adumin. E lascia perplessi molti interlocutori di Israele all'Onu, che in questi giorni valutano misure in risposta alle dichiarazioni del governo di Tel Aviv.

La risposta europea

La decisione di costruire nuovi alloggi tra la Cisgiordania e Gerusalemme Est ha portato la Francia e la Gran Bretagna a richiamare in patria i propri ambasciatori, per discutere della situazione e della decisione di Israele, che da molti è vista come una sorta di rappresaglia.

Londra ha detto di voler convocare i rappresentanti e "sottolineato con chiarezza che la costruzione di questi nuovi insediamenti mette a repentaglio la soluzione dei due stati e rende più difficile il raggiungimento di progressi attraverso negoziati". Non si arriverà comunque al ritiro dell'ambasciata.

In una nota del ministero degli Esteri anche la Russia ha sollecitato Netanyahu a rivedere il progetto. La Germania del Cancelliere Angela Merkel ha espresso "preoccupazione". È il portavoce del governo, Steffen Seibert, a dire che il governo ritiene "necessaria una veloce ripresa dei colloqui per la pace in Medio Oriente e ritiene che Israele abbia dato un messaggio negativo".

Anp: "Sanzioni contro l'occupazione"

L'Autorità Nazionale Palestinese ha chiesto alla comunità internazionale di "adottare adeguate sanzioni contro l’occupazione israeliana e le attività di insediamento". Nel mirino dell'Anp anche la confisca dei 460 milioni di shekels in tasse raccolti da Israele per loro conto, secondo quanto deciso con gli Accordi di Oslo.

Con la somma Tel Aviv coprirà crediti vantati dalla compagnia elettrica israeliana.

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