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Il pasticciaccio brutto di villa Gadda: ora è un condominio

nostro inviato a

Longone al Segrino (Como)
Ormai è irriconoscibile. Lo scempio si è consumato sotto forma di metamorfosi da fascinosa villa di campagna ad anonimo condominio. Nell’opulenta Brianza, la profanazione di un luogo simbolo della letteratura italiana del Novecento è scivolata via di soppiatto, senza che una voce si levasse. Chissà che avrebbe detto Carlo Emilio Gadda di fronte alla speculazione immobiliare che ha cancellato la casa della sua infanzia e della sua formazione.
Rovinata forse per sempre: non rimane quasi più nulla della casa di vacanza di Longone al Segrino che fa da sfondo al dramma familiare narrato nelle pagine de La cognizione del dolore e che è stata la culla di numerose altre sue opere.
Il nostro giro d’Italia nelle «case dei grandi» fa tappa sulle colline fra Como e Lecco, dove fra villette a schiera, capannoni e centri commerciali, c’è una villa capovolta, che ha completamente smarrito l’alone letterario, un incanto che ormai puoi soltanto ammirare nelle vecchie fotografie. Perché se sali a Longone con le immagini in bianco e nero in mano la casa di campagna di Gadda nemmeno la riconosci. È un anonimo caseggiato fra i caseggiati tutti uguali, circondato da un alto muro di recinzione, con a fianco un cantiere per la costruzione di un residence. Poi scovi una targa poverissima e capisci che sei arrivato. Ma per vederla devi citofonare e sperare che, in pieno agosto, i condomini non siano al mare e che abbiano la gentilezza di aprirti il cancello e improvvisarsi guide-turistico-culturali per una manciata di minuti.
Del suo look originale questo (ormai ex) tempio della letteratura, non conserva più nulla. Al termine di una ristrutturazione durata dieci anni, si è salvato soltanto lo scheletro, cioè i muri perimetrali. Anzitutto gli hanno cambiato colore: da bianco a giallo. Ma questo è il danno minimo. Più grave sono i porticati ad archi e il terrazzo murati. Senza trascurare che il nuovo tetto è un tradimento del suo stile. All’interno l’hanno sventrata e i quattro appartamenti ricavati sono uno sfregio. Anche perché hanno cancellato le decorazioni sulle pareti, le travature dei soffitti e persino un affresco. Via pure le persiane, sostituite con le tapparelle marroni in alluminio. Così quando la guardi, vedi un «pasticciaccio brutto».
Lo scempio non ha risparmiato neanche il parco che l’abbraccia. Sul versante alle spalle della villa hanno fatto una spianata per realizzare i garage. Sul fronte opposto, davanti all’ingresso, il grande giardino che declina sul fianco della collina è stato smembrato in due parti. In una, circondati dall’erba alta, si elevano un cedro del Libano e alcuni cipressi; mentre l’altra, più lontana, è blindata.
È vero che villa Gadda ha un’architettura semplice. Niente di sofisticato, né di ricercato. È un edificio squadrato. Lineare, razionale e ordinato. È vero che in Brianza ci sono ville più belle. Ma l’obiettivo di Francesco Gadda, il padre dello scrittore, era chiaro: costruire una casa dove i suoi tre figli - Carlo Emilio, Clara ed Enrico - nel periodo estivo «crescessero sani, vigorosi, allegri, sotto il portico; le logge fatte per aerare la casa, la terrazza per il fresco di sera, dopo il lavoro».
In quella casa di fine ’800 non bisogna cercare l’amore dello scrittore, ma il risentimento. Un’emozione tanto forte da ispirare un capolavoro. La «fottuta casa di campagna di Longone» - come scrisse nel 1963 - nonostante il panorama sui laghi brianzoli e il monte Resegone, non gli piaceva al punto che, nel 1936, scrive in una lettera a Gianfranco Contini: «La mia casa di campagna mi procura più grattacapi di una suocera isterica». E infatti l’anno seguente, dopo la scomparsa della madre, Carlo Emilio se ne disfò presto.
L’odio di Gadda per questa villa diventò però il baricentro del suo romanzo La cognizione del dolore. È vero che il libro non fu scritto in questa casa, ma è altrettanto vero questa casa e il paese di Longone sono lo sfondo, la cifra che lo ispira. E non va dimenticato che nella cornice di questo buen retiro sono state scritte altre opere di Carlo Emilio: La madonna dei filosofi, La meccanica, la maggior parte di Meditazione milanese e Racconto italiano di ignoto del novecento. Dalle pagine della Cognizione traspare anche il livido rancore verso quella Brianza e quei brianzoli che Gadda non ha mai amato. E i longonesi, oggi, lo ripagano con la stessa moneta: «Gadda chi?». Carlo Emilio è uno sconosciuto. Almeno così risulta da un rapido sondaggio per le vie del paese. Eppure sul sito internet del Comune di Longone la villa è nella lista dei luoghi «da vedere».
Ma le iniziative per ricordare lo scrittore sono a zero, neppure una visita guidata. Poteva diventare museo, biblioteca.

O forse la sede migliore per il Centro studi Gadda.
(2 - continua)

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