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Bannon, caos sul libro-bomba. Ma Trump prova a bloccarlo

Scandalo per le dichiarazioni dell'ex stratega del tycoon. Diffida della Casa Bianca: "È un testo pieno di bugie"

Bannon, caos sul libro-bomba. Ma Trump prova a bloccarlo

Questa pubblicazione non s'ha da fare. È l'imperativo categorico impartito da Donald Trump il giorno dopo le rivelazioni sui contenuti del libro «Fire and fury: the Trump White House», nel quale Steve Bannon ha vuotato il sacco sulla vita alla Casa Bianca. E mentre si consuma il divorzio tra il presidente americano e il suo ex capo stratega, gli avvocati del tycoon hanno scritto all'autore Michael Wolff ma anche all'editore, chiedendo di bloccare la pubblicazione del testo, prevista per il 9 gennaio, ipotizzando diverse accuse, tra cui il reato di diffamazione. La diffida è contro «qualsiasi ulteriore pubblicazione, distribuzione e diffusione del libro», o di ogni estratto.

Ma non è tutto poiché, come riferisce il New York Times, i legali di Trump hanno anche inviato una lettera di diffida a Bannon, sostenendo che ha violato un accordo di non divulgazione parlando all'autore del libro del «presidente, dei membri della sua famiglia e della società, svelando informazioni confidenziali a Michael Wolff e facendo dichiarazioni denigratorie e in alcuni casi completamente diffamatorie». Il numero uno di Breitbart News, da parte sua, dopo il ripudio pubblico da parte del Commander in Chief si è limitato ad affermare: «Il presidente è un grande uomo, lo sapete, lo sostengo ogni giorno». «Non parlo con lui», è invece il laconico commento di Trump, dopo aver scaricato Bannon spiegando in una nota che «quando è stato licenziato ha non solo perso il lavoro, ma ha perso la testa». «Steve ha avuto molto poco a che fare» con la vittoria elettorale, «non rappresenta» la mia base e ha speso tempo alla Casa Bianca facendo trapelare false informazioni ai media, ha precisato. Nel libro, l'ex stratega parla dell'incontro alla Trump Tower durante la campagna elettorale tra il primogenito del presidente, Don Jr, e un'avvocatessa russa, definendolo «sovversivo» e «antipatriottico». Bannon non lesina dettagli poco lusinghieri su tutti i più stretti collaboratori di The Donald, inclusi i familiari: a suo parere gli investigatori «romperanno Don Jr come un uovo sulla tv nazionale», pronosticando che l'indagine del procuratore speciale Robert Mueller sul Russiagate andra' a segno concentrandosi sul riciclaggio. E ancora parla della first lady Melania, che avrebbe «pianto, ma non di gioia», la notte elettorale, di Ivanka, che punterebbe a diventare la prima donna presidente. E poi sostiene che Trump abbia una pessima considerazione dei suoi collaboratori, a partire dal genero Jared Kushner, che riterrebbe un «leccapiedi». Intanto, sul fronte Russiagate, l'ex capo della campagna elettorale del tycoon, Paul Manafort, arrestato per evasione e riciclaggio, ha avviato una causa contro Mueller, il vice ministro della giustizia e lo stesso Dipartimento. Manafort sostiene che il procuratore speciale abbia ecceduto nei suoi poteri durante le indagini, come pure Rosenstein nel garantirgli «carta bianca nell'indagare e incriminare in relazione a qualsiasi cosa si imbatta».

E a Pennsylvania Avenue, dalla prossima settimana verranno messi al bando i telefonini nella West Wing per lo staff e anche per gli ospiti. «La sicurezza e l'integrità dei sistemi tecnologici alla Casa Bianca sono una priorità per l'amministrazione Trump», ha detto la portavoce Sarah Sanders. Per molti, tuttavia, si tratta di un tentativo di limitare le talpe.

Il divieto, imposto dal capo di gabinetto John Kelly, sta suscitando malumore tra diversi dipendenti, che temono di non riuscire a restare in contatto con le famiglie nelle lunghe ore di lavoro.

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