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Calenda ringhia su Embraco. Ma è soltanto un "eurospot"

Il ministro a Bruxelles si lamenta dei licenziamenti della multinazionale. Dalla Ue solo vaghe promesse

Calenda ringhia su Embraco. Ma è soltanto un "eurospot"

Il ministro Calenda «non molla», i 497 lavoratori (dei quali uno da ieri incatenato ai cancelli di Riva di Chieri) men che meno. La commissaria Ue Vestager «ha ben presente il problema e sarà molto intransigente nel valutare un uso sleale degli aiuti europei». Ma neppure la multinazionale Embraco mostra di voler cedere di un centimetro e tanto meno la Slovacchia, che resta a guardare dall'alto delle sue montagne una delocalizzazione interna alla Ue che le consente di approfittare di un benevolo doppio forno: fondi per lo sviluppo e costo stracciato della manodopera.

A occhio e croce, c'è del marcio a Bruxelles. E qualcosa che non va, nell'ennesima vertenza che tocca i lavoratori italiani, 500 famiglie sul lastrico e un indotto di altre centinaia di unità che rischia. La vicinanza della scadenza elettorale, poi, alimenta i sospetti di una gestione a dir poco «spettacolarizzata» da parte del ministro dello Sviluppo che, pur non candidato, pare essersi fatto la propria passerella personale, visto che se ne parla come di un possibile premier. A pensar male si fa peccato, naturalmente. E Calenda, rimarcando quanto «sia triste dividersi in campagna elettorale quando bisogna difendere l'interesse dei lavoratori», non sembra affatto aver rinunciato a una demagogia fatta di toni perentori e un po' ingiustificati, considerato che si tratta di un ministro di un governo con le settimane contate. Altro che «faccio la voce grossa a Bruxelles». Così basta buttar via un po' di fumo e maschere per verificare che l'«incontro andato bene» con la Vestager non ha sortito più di una promessa di essere equanimi nella valutazione di ciò che appare come uno dei virus attualmente più nocivi nell'Unione: la concorrenza sleale tra Paesi membri «ognuno di quali - ammette Romano Prodi - vuole fare i propri interessi... Tutto accade perché non c'è Europa». Ci sarebbe da chiedere proprio all'ex presidente Ue perché non sia riuscito a metter su neppure un mattoncino, all'edificio che critica. E a che titolo parli di «cambiar musica».

Del fondo da istituire per i casi di delocalizzazioni nei paesi dell'Est, proposta di Calenda sempre a favore di telecamera, un comunicato Ue dice che, «non essendoci alcun dettaglio» non se ne può neppure esprimere commento. Sulla lettera di «forte denuncia» con la richiesta di speciale «attenzione» sui casi Embraco e Honeywell, il portavoce Ue laconicamente spiega che ce se ne occuperà «sulla base delle procedure normali». Ecco perché pure i lavoratori esasperati cominciano a sentire puzza di bruciato. E se Antonio Tajani, presidente dell'Europarlamento, esprime al momento il monito più forte su una «situazione inaccettabile» e per una «politica industriale seria», l'azzurro Brunetta ricorda il ritardo del ministro a intervenire: «Inutile che faccia finta ora di battere i pugni». Il leghista Salvini parla di «sbruffoni e chiacchieroni con i lavoratori sulla coscienza»; i grillini di un Calenda «in gita elettorale a Bruxelles sulla pelle dei lavoratori». Anche il sindacalista Landini lamenta il peso della scadenza elettorale sul pruriginoso attivismo del governo: «Sarebbe utile, piuttosto, coinvolgere la capogruppo Whirpool».

Pare già un'idea.

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