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Charlie, il giorno della verità. La sua vita in mano ai giudici

Oggi nuova sentenza del tribunale inglese dei minori Staccare la spina o tentare con il «protocollo italiano»?

Charlie, il giorno della verità. La sua vita in mano ai giudici

Si chiama Nicholas Francis e oggi alle 14 ora inglese (le 15 in Italia) dovrà prendere la decisione forse più importante della sua vita.

Nicholas Francis è il presidente della sezione minori dell'Alta corte di giustizia inglese, che ha già lo scorso aprile ha condannato a morte «per il suo interesse» Charlie Gard, il bambino di undici mesi ammalato di sindrome da deplezione del dna mitocondriale e ricoverato al Great Ormond Street Hospital di Londra. Tra rinvii, ricorsi, colpi di scena e mobilitazioni la sentenza del tribunale inglese, obliterata anche dalla Corte d'Appello inglese e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, non è stata ancora messa in atto. La spina che tiene Charlie attaccato alla macchina che fa il lavoro che il suo corpo non può fare è ancora al suo posto. E il giudice Francis deve tornare a esprimere una nuova decisione sull'argomento alla luce del protocollo sperimentale messo a punto da un team di medici internazionali coordinati dall'ospedale Bambino Gesù di Roma e della proposta di medici e scienziati americani di provare su di lui un nuovo farmaco che chissà.

L'ospedale che ha lungamente sollecitato la fine del trattamento che consente a Charlie di inanellare uno dopo l'altro giorni pieni di nulla, ora ha ammorbidito le sue posizioni, e si è detto disponibile ad appoggiare questo nuovo tentativo dei genitori di Charlie, Connie e Chris: «È giusto provare, ne siamo convinti con i genitori di Charlie».

L'aria sembra cambiata ma la scelta di Francis sarà comunque difficile. Da un lato c'è il dolore per i genitori, Connie e Chris, che si sono battuti come due leoni perché Charlie potesse ancora tenere nella sua mano che stringere non può il biglietto della lotteria della vita. Dall'altro la consapevolezza che lo stesso dolore Charlie non può provarlo perché vive senza coscienza, perennemente sedato e anche se vincesse la sua battaglia sarebbe per avere un simulacro di vita. Da un lato la mobilitazione di Trump, di Papa Francesco, di milioni di persone in tutto il mondo commosse dalle foto e dai video postati dai giovani genitori. Dall'altro quell'orrore per l'accanimento terapeutico che perfino la Chiesa ha talora provato.

Ieri i signori Gard hanno partecipato a una manifestazione all'esterno del Great Ormond Street Hospital assieme a centinaia di «tifosi» di Charlie che hanno consegnato alla coppia una petizione con più di 350mila firme nella quale si chiede al bambino di viaggiare negli Usa. «Adesso ci sono sette medici che sostengono da tutto il mondo, dall'Italia, dall'America, dall'Inghilterra, che pensano che Charlie ha fino al dieci per cento di possibilità. Riteniamo che sia un'occasione da non perdere», dice Connie. I due hanno anche parlato con Brett King, il padre di Ashya, un giovane che ha dovuto lasciare l'ospedale londinese per sottoporsi a un protocollo non previsto dal sistema sanitario britannico. «I medici del GOSH prendono decisioni da consiglio di amministrazione.

Non c'è logica nel rifiutare la cura a Charlie».

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