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La citofonata di Salvini inguaia un maresciallo

Un carabiniere il tramite col leader della Lega. Il 12 febbraio al Senato il voto sul processo

La citofonata di Salvini inguaia un maresciallo

Milano - Il caso del citofono si complica. E adesso si profila anche un accertamento interno all'Arma, legato proprio all'operato di un carabiniere nell'ambito dell'iniziativa più discussa della campagna elettorale emiliano-romagnola: la «citofonata» che Matteo Salvini (nella foto) ha fatto, alla ricerca di presunti spacciatori, in un palazzo del «Pilastro», alla periferia di Bologna.

I carabinieri bolognesi, lo si è appreso ieri, hanno avviato degli accertamenti interni per verificare l'eventuale ruolo di un «maresciallo». Nel martedì dell'ultima settimana di campagna elettorale, su segnalazione di una donna che ha perso il figlio per overdose, il 21 gennaio il leader della Lega ha suonato il campanello di una casa abitata da una famiglia tunisina, chiedendo al citofono se lì vivesse uno spacciatore. E secondo una ricostruzione non ufficiale emersa dai media locali, questa donna - residente nel rione - sarebbe stata messa in contatto con lo staff della Lega attraverso una telefonata di un sottufficiale. Ora i carabinieri sono al lavoro per ricostruire la vicenda, per capire che parte abbia eventualmente avuto questo «maresciallo» e - nel caso - a che titolo abbia agito. Da quanto si apprende, non ci sarebbero ipotesi di rilievo penale, ma nel caso in cui fosse tutto confermato, il militare potrebbe «rischiare» un procedimento disciplinare, che al momento non risulta ancora aperto. Sulla vicenda, proprio ieri, il deputato del Pd Andrea De Maria ha presentato l'immancabile interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno. «Durante la campagna elettorale per le elezioni regionali - ha spiegato De Maria, annunciando l'iniziativa - il senatore Matteo Salvini ha citofonato a un cittadino del Pilastro a Bologna per chiedere se era uno spacciatore. In una intervista, la signora Anna Rita Biagini, che lo accompagnava, ha dichiarato: Mi ha contattato un esponente delle forze dell'ordine martedì a mezzogiorno, dicendo che qualcuno della Lega mi avrebbe chiamato perché Matteo voleva venire qui».

Il 12 febbraio, intanto, il Senato esaminerà la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, per il caso della nave Gregoretti.

La grana del citofono, comunque, rischia di passare alla storia della politica italiana. E ci si interroga anche sul suo impatto elettorale. Per il segretario Pd del Pilastro Vilmer Poletti, il blitz ha «portato a votare anche molti cittadini italiani di origine tunisina che, forse, non sarebbero venuti a votare». Gli strascichi, anche diplomatici, non sono mancati. Nei giorni scorsi ha protestato il sindacato tunisino, chiedendo al ministero degli Esteri di «convocare l'ambasciatore italiano per protestare ufficialmente». E quando il vicepresidente del Parlamento di Tunisi ha avanzato delle rimostranze, il consigliere regionale leghista Max Bastoni è andato a manifestare con una bandiera del Carroccio davanti al consolato a Milano. Il caso diplomatico poi si è chiuso con un incontro chiarificatore con il console generale Nasr Ben Soltana: «La politica è una cosa, ma servire il Paese è un'altra - ha detto - Le nostre relazioni sono antiche e forti. Noi siamo attenti alla dignità dei tunisini e non possiamo accettare che un tunisino sia trattato male, qualunque sia la sua situazione.

È un linea rossa».

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