Politica

Hamas rilancia gli attacchi suicidi

Mentre Kerry invita con dubbia imparzialità "israeliani e palestinesi" a fermare "la violenza senza senso"

Uomini delle brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, sfiliano in piazza Al Meena
Uomini delle brigate Qassam, il braccio armato di Hamas, sfiliano in piazza Al Meena

Gerusalemme - Il segretario di Stato americano John Kerry sbarca in Europa con l'intenzione (oltre che di intavolare colloqui con russi, sauditi e turchi sulla crisi siriana) di avviare incontri utili a sbloccare la drammatica situazione in Israele, dove continuano le aggressioni ai civili che gli estremisti islamici palestinesi chiamano «intifada dei coltelli». Il parallelo con le rivolte anti-israeliane del passato appare molto forzato, ma Hamas - dalla Striscia di Gaza che controlla in armi - continua a parlare di queste vigliacche aggressioni a coltellate contro civili che portano a spasso i bambini in passeggino come di eroiche azioni di resistenza. E non solo non ascoltano minimamente gli inviti alla pacificazione, ma anzi rilanciano alzando il livello dello scontro.

«Intifada fino alla liberazione della Palestina», è lo slogan lanciato da Gaza, al quale si aggiunge il sinistro «Allah è grande e il coltello vincerà». L'invito di Hamas ai «resistenti» è di riprendere gli attacchi suicidi in Cisgiordania. L'ordine è stato impartito, in particolare, ai miliziani nelle zone di Hebron e Nablus, che possono più facilmente raggiungere obiettivi anche a Gerusalemme. Una fonte palestinese ha poi rivelato a un quotidiano israeliano che le forze di sicurezza palestinesi hanno recentemente arrestato a Hebron sei membri di Hamas, trovati in possesso di denaro ed esplosivi, e che hanno confessato di voler morire «per la causa».

Tutto questo alla faccia dell'appello di Kerry, che ieri a Madrid ha chiesto la fine di «violenze che non hanno senso». Peccato che in un primo tempo lo abbia fatto rivolgendosi a «isrealiani e palestinesi», dando la spiacevole di mettere sullo stesso piano aggressori palestinesi e aggrediti israeliani. Solo dopo il ministro degli Esteri di Obama ha precisato che Washington sostiene il «diritto degli israeliani a difendersi dagli attacchi portati dai lupi solitari».

Kerry progetta di organizzare un incontro a tre con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e con il presidente (sempre meno autorevole e influente) dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen. Ma Netanyahu ha espresso ieri l'intenzione di disertare, in mancanza di improbabili sviluppi positivi, questo meeting in quanto non intende in questo momento fare alcuna concessione ai palestinesi.

Il segretario di Stato americano ha preso anche posizione nella diatriba scoppiata ieri tra Israele e Francia. Parigi aveva sostenuto l'opportunità di inviare a Gerusalemme una forza internazionale per garantire la sicurezza sulla Spianata delle Moschee, suscitando la reazione immediata del governo di Netanyahu, che ha convocato l'ambasciatore francese al ministero degli Esteri per ribadire che quel compito spetta solo a Israele: Kerry ha dato ragione a Netanyahu.

Dolore ed emozione ha ssuscitato infine in Israele la notizia dell'uccisione da parte delle forze di sicurezza di un innocente cittadino eritreo, scambiato per un terrorista palestinese nelle concitate fasi della reazione a un attacco nella stazione centrale degli autobus di Beer Sheva, nel sud del Paese. Il terrorista era in realtà uno solo, ed è stato anche lui ucciso.

Ma Mila Haftom Zarhum, 29 anni, ha pagato con la vita il fatto di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, e forse il colore scuro della sua pelle ha tratto in inganno i soldati che gli hanno spartato.

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