Politica

Incubo Isis in Australia: turista britannica uccisa al grido di «Allah Akbar»

Una 21enne accoltellata in un ostello da un giovane francese. La pista dell'estremismo

Riccardo Pelliccetti

Un altro omicidio al grido di «Allah è grande». Questa volta a cadere vittima del fanatismo o della follia è stata una ragazza britannica di 21 anni, Mya Ayliffe-Chung, accoltellata a morte a Home Hill, una cittadina del Queensland, nel nord dell'Australia. L'assassino è un francese di 29 anni che, in un ostello della gioventù di fronte a una trentina di persone, ha assalito la ragazza e un altro turista britannico di 30 anni, ferendolo gravemente. L'uomo, in Australia da alcuni mesi con un visto turistico, ha ucciso anche il cane dell'ostello e ferito un australiano di 46 anni, intervenuto per difendere le vittime. Secondo la polizia, il presunto killer islamico ha agito da solo e ha continuato a urlare «Allah Akbar», esclamazione che accomuna tutti i jihadisti quando compiono un attacco, anche dopo l'arresto. Ora è piantonato in ospedale dagli agenti perché anche lui è rimasto ferito durante l'intervento della polizia.

La ragazza uccisa si trovava in Australia per una vacanza-lavoro e prima di arrivare a Home Hill aveva lavorato come barista sulla Gold Coast.

Non è ancora chiaro che cosa abbia scatenato la furia del ragazzo francese. Quello che è certo, e lo ribadiscono le autorità locali e le testimonianze raccolte, è che l'assassino abbia urlato «Allah Akbar» prima di scagliarsi con una lama sui due ragazzi inglesi per uccidere. «Le prime indagini indicano elementi di natura estremista», ha affermato la polizia locale, che parla di «atto di violenza insensata». Il grido «Allah Akbar» è stato confermato anche dalle registrazioni delle telecamere. Le autorità australiane però non escludono alcun movente, «sia di natura criminale sia politica», anche se l'aggressore «apparentemente non sembra collegato a gruppi estremisti». Il vice capo della polizia del Queensland, Steve Gollschewski, ha spiegato ai giornalisti che gli investigatori non escludono l'attacco terroristico ma stanno anche verificando se l'assassino facesse uso di droghe o avesse disturbi mentali, quindi il caso «sarà trattato come un omicidio».

E così anche l'oasi Australia, che ha una rigida politica sull'immigrazione, si trova di nuovo di fronte a una possibile emergenza jihadista. Non che fino a oggi ne fosse stata immune. Il Paese era già stato teatro di un gravissimo attacco nel dicembre del 2014, quando a Sydney un uomo armato tenne in ostaggio 17 persone nel Lindt Cafè in Martin Place, nel centro finanziario della città. L'azione terroristica si era conclusa con l'intervento delle teste di cuoio, ma due ostaggi rimasero uccisi. Morì anche il terrorista, Man Haron Monis, arrivato in Australia nel 1996 come rifugiato e già conosciuto per aver lanciato una campagna d'odio contro i soldati australiani impegnati in Afghanistan.

Da quel giorno le forze di sicurezza australiane hanno compiuto 16 operazioni contro il terrorismo e arrestato 44 persone.

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