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"Lascio, ma a disposizione". Per Maroni l'ipotesi Senato

Il governatore leghista in corsa anche per la presidenza di Palazzo Madama: «Non ho pretese, lascerò decidere»

"Lascio, ma a disposizione". Per Maroni l'ipotesi Senato

La cravatta blu a piccoli pois bianchi ricorda il primo Berlusconi, la barba lievemente incolta lascia trapelare una decisione sofferta. È emozionato Roberto Maroni mentre all'undicesimo piano del palazzo della Regione Lombardia conferma la decisione di non ricandidarsi. Al suo fianco, in tailleur prugna, la storica portavoce Isabella Votino. «Una decisione presa in piena autonomia, personale, che ho condiviso tempo fa con Salvini e Berlusconi. Chiedo a tutti rispetto» dice il presidente. Non è malato e non ha deciso di andare in «pensione». Tutto il contrario.

Posti in piedi e folla delle grandi occasioni. Atmosfera quasi surreale mentre lui, dietro gli occhiali rossi, ricorda con grandi slides le battaglie della sua giunta, dalla lotta al gioco d'azzardo alla riforma della sanità al referendum sull'autonomia, mentre tutti si chiedono che farà, dove pensa di andare, per chi o per che cosa lascia la Lombardia.

«Con la politica ho una lunga storia d'amore che nasce con Bossi e, come capita a tutte le storie d'amore, non finiscono mai. Fa parte di me». Un richiamo alle origini della Lega Nord che in controluce è una risposta a Salvini che, commentando a Radio1 la rinuncia di Maroni, si era spinto in là: «Quando ci sono in ballo vicende personali, penso che la politica abbia il dovere di fare un passo indietro».

Maroni però è super politico, a «disposizione», «capace di decidere e di governare». Che cosa significhi è difficile metterlo nero su bianco oggi, perché gli scenari futuri sono aperti. È vero che Berlusconi le ha chiesto di fare il premier? «No, forse l'avrà pensato» scherza, rivelando che almeno nella mente il suo essere a disposizione per il futuro contempla il gradino più alto del governo. Rimangono altre possibilità in ministeri: «Non ho pretese e non ho richieste, lascerò decidere».

Si candiderà alle Politiche? «Io non mi candido, ma sono a disposizione se me lo chiederanno». Tra le possibilità, i rumours milanesi di queste ore, c'è che possa entrare nelle liste del Senato e che lo scranno immaginato alla fine della corsa sia quello di presidente di Palazzo Madama. La seconda carica dello Stato, un ruolo istituzionale e politico.

È certo che il governatore uscente, ora al lavoro col presidente del Veneto, Luca Zaia, sul programma per l'autonomia delle due Regioni, ha un profilo da leghista moderato, abbastanza gradito a Palazzo Chigi e sul Colle, oltre che a Arcore, discreti rapporti a sinistra, ed è figura spendibile anche nel caso in cui si arrivi a un governo istituzionale.

Fa una dichiarazione spontanea sui 5 Stelle: «Ho una sola preoccupazione: che possa governare Di Maio, che per me è la Raggi al cubo. Temo che l'Italia diventi Spelacchio». Come vede una donna alla guida della Lombardia? Cioè Mariastella Gelmini. Lui risponde a suo modo: «Una donna candidata la vedrei molto bene, ma non è una scelta che tocca a me. Mi rimetto alle decisioni che hanno preso e prenderanno i leader».

Ieri sera il consiglio della Lega lombarda ha ufficializzato la candidatura del leghista Attilio Fontana.

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