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Letta, Roma e la Commissione: il record di autogol di Matteo

La bicamerale voluta dall'ex premier è solo l'ultimo di una lunga serie di errori che gli si sono ritorti contro

Letta, Roma e la Commissione: il record di autogol di Matteo

Certo, non è ancora ai livelli di Frank Sinclair, l'ex difensore giamaicano del Chelsea che in carriera è arrivato a segnarne esattamente 25. Ma ormai la lunga serie d'incredibili autogol che Matteo Renzi è riuscito a mettere a segno in questi anni inizia a far impallidire anche il recordman della Premier League. Già, perché l'ormai celebre Commissione parlamentare d'inchiesta grazie alla quale il caso Banca Etruria sta avendo un'eco mediatica senza precedenti è stata voluta con insistenza proprio dal leader del Pd. Che si era evidentemente illuso di poterla utilizzare per ribaltare su Bankitalia e Conosb la responsabilità delle crisi bancarie e si è invece ritrovato con Maria Elena Boschi da sola sul banco degli imputati e senza neanche una linea difensiva vagamente convincente. Insomma, per Renzi e per il Pd un disastro senza precedenti. Al punto che l'ex premier è stato costretto a dare una sterzata alla sua comunicazione, sempre aggressiva e all'attacco. Due giorni fa con una meditata intervista al Corriere della Sera in cui ha ammesso pacatamente e pubblicamente il calo di consensi, invitando i suoi colleghi-avversari di partito a fare quadrato in vista del voto di marzo, provando dunque a proporsi come leader unificante e non più divisivo. Poi, ieri, con un lungo comunicato in cui commentava l'audizione di Ignazio Visco ringraziandolo «molto» per «aver fugato ogni dubbio sull'operato del mio governo». Un approccio tra il low profile e il neodemocristiano, visto che Renzi decide scientificamente di ignorare il fatto che il governatore dice chiaro e tondo che sia il leader del Pd che Boschi quando erano a Palazzo Chigi provarono ad avere informazioni su Etruria. Più che un semplice cambio di passo, insomma, una vera e propria inversione a «U» in tangenziale. Una sterzata che ha un solo precedente che risale ai giorni che seguirono la batosta referendaria del 4 dicembre dello scorso anno. E questo la dice lunga su quanto oggi Renzi sia in difficoltà. Già, perché - incredibilmente - ancora una volta non solo ha peccato di arroganza pensando di mettere facilmente all'angolo Visco e Giuseppe Vegas, ma ha soprattutto regalato al caso Etruria una fantastica cassa di risonanza per una vicenda di cui oggi - senza la famigerata Commissione - si parlerebbe solo in quel di Arezzo.

Proprio Matteo, infatti, la Commissione l'auspicava e minacciava già nel 2015, quando ancora premier invocava un organismo con poteri non solo d'indagine ma d'inchiesta, così da avere la facoltà di metter il naso nelle indagini dei Pm e fare finalmente chiarezza sulle crisi bancarie degli ultimi 15 anni. E ancora lo scorso marzo nella sua e-news ripeteva solenne: «Commissione d'inchiesta sulle banche? Non vediamo l'ora di fare chiarezza fino in fondo». Appunto.

Un gigantesco autogol, insomma. Che ne segue altri altrettanto rocamboleschi. Quello più eclatante è la defenestrazione di Ignazio Marino dal Campidoglio, con Renzi che ha fatto l'impossibile pur di farlo sfiduciare dai consiglieri comunali dem. Un'operazione disastrosa, che ha consegnato Roma ai Cinque stelle. Superfluo, invece, ricordare l'autogol referendario, visto che sulla promessa di ritirarsi a vita privata nel caso di sconfitta si è fin troppo raccontato. E' stato perdonato Walter Veltroni per non essere più andato in Africa, figurarsi se qualcuno pensava davvero che Renzi potesse mollare. Una menzione speciale, invece, a quello che il Var ha decretato essere un autorete solo in tempi recenti: la coltellata ad Enrico Letta, infatti, è per molti il peccato originario che nessuno gli perdona.

Soprattutto nel Pd.

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