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Numero uno del Ros durante le stragi. Fu additato persino come "punciuto"

Il caso di Antonio Subranni

Numero uno del Ros durante le stragi. Fu additato persino come "punciuto"

È l'ufficiale più alto in grado e il comandante del neonato Ros sulla frontiera di Cosa nostra negli anni terribili delle stragi. La morte di Falcone, poi quella di Borsellino. Le bombe di via Palestro, degli Uffizi e dei Georgofili. Al confine con Cosa nostra, sulla linea della zona grigia, i carabinieri schierano lui: il generale Antonio Subranni. È il periodo in cui vien catturato il capo dei capi, l'inafferrabile Totò Riina. Ma è o sarebbe anche la stagione in cui sarebbe andata avanti la famosa trattativa fra le istituzioni e i corleonesi: prima proprio Riina e poi Bernardo Provenzano per chiudere in un modo o nell'altro quel bagno di sangue. Subranni è il numero uno e quindi si porta sulle spalle le responsabilità, vere o presunte, dei suoi uomini: il colonnello Mario Mori, il suo vice, e il capitano Giuseppe De Donno. Perquisizioni e mancate catture, i misteri dei blitz naufragati, con i boss più importanti sfuggiti miracolosamente alla grande rete. Capita a Riina, a Provenzano, a Nitto Santapaola, tutti agguantati solo dopo una lunga, lunghissima latitanza. Per l'accusa il Ros avrebbe cercato l'accordo con Cosa nostra attraverso la mediazione dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Come se non bastasse Agnese Borsellino aggiunge una rivelazione sconvolgente; poco prima di saltare in aria il marito le avrebbe detto: «Ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni era punciutu ». La procura di Caltanissetta indaga ma non trova riscontri a quell'affermazione così dirompente e nel 2012 archivia.

Subranni è invece imputato nel processo sulla trattativa.

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