Referendum indipendenza in Catalogna

Stravince il "Sì": 87%. Scene da guerra civile con assalti ai seggi

Scontri tra agenti e indipendentisti, volano proiettili di gomma. Ma nelle proiezioni è trionfo

Stravince il "Sì": 87%. Scene da guerra civile con assalti ai seggi

È finita in una guerriglia urbana da G8, sotto un cielo cupo e una pioggia incessante, la speranza che la Catalogna potesse votare per l'indipendenza. Le strade di Barcellona, Lleida, Girona e Tarragona sono diventate il rocambolesco proscenio di una giornata da dimenticare. E alla fine «il lavoro sporco» l'hanno dovuto compiere gli agenti della Policia Nacional e della Guardia Civil, inviati da Madrid a impedire l'accesso ai collegi elettorali. Fino a sera, in oltre 90 centri della Catalogna, gli scontri sono proseguiti, lasciando un bollettino di guerra: 844 feriti per il Govern, attorno ai 400 per l'esecutivo centrale; 12 gli agenti contusi. E per domani è stato proclamato uno sciopero generale «contro la violenza di Madrid».

Ancora prima dell'apertura dei seggi, alle 8, violenti scontri erano già in atto all'ingresso dei collegi. La Policia è entrata senza troppi complimenti in numerose scuole, tagliando catene e lucchetti, sfondano porte antincendio e sequestrando le urne. Lungo le vie d'accesso ai seggi, gli agenti, senza l'aiuto di un solo Mossos, hanno dovuto rimuovere decine di persone sdraiate sull'asfalto davanti ai blindati. Molti sono stati trascinati in malo modo mentre urlavano «Fascisti» e «La democrazia non è mai un reato». Sono rimasti inerti i Mossos che si sono limitati a perquisire nelle primissime ore alcuni seggi, ma poi si sono eclissati.

Davanti alle scuole Ramon Llull e Jaume Balmes, nell'elegante quartiere dell'Eixample, la Policia ha esploso proiettili e pallettoni di gomma, ferendo numerose persone alle articolazioni, testa e schiena. Colpiti indistintamente, studenti e anziani, molti dei quali erano stati chiamati dai nazionalisti a dormire nei seggi, sperando in una mano più leggera degli agenti. A Horta, quartiere popolare, la Guardia Civil ha sfondato una decina di barricate davanti alle scuole. Protetti dal filo spinato e sacchi di cemento e cassoni dei rifiuti, i collegi elettorali sono stati occupati dagli agenti che hanno sgombrato a forza chi era presente e portato vie le urne. Tagliati anche i collegamenti telematici degli edifici e oscurate, in parte, molte linee internet: fino a tarda sera si sono riscontrati problemi nell'accesso al web in molte parti di Barcellona e della Comunità. Un'operazione ordinata da Madrid per impedire di votare online.

La dimostrazione più simbolica del pugno di ferro, è stata inscenata nella scuola di Sant Julià de Ramis, a Girona, l'ex feudo del presidente catalano Carles Puigdemont, sindaco della città fino al 2016, dove era atteso per il voto. La Policia vi ha fatto irruzione verso le 8.30, mezz'ora prima che aprissero le urne, sfondando a colpi di martello la porta a vetri della palestra che ospitava i seggi e il bivacco di un centinaio di persone. Molti sono scappati, altri hanno fatto resistenza passiva e sono stati trascinati in strada. Sequestrate anche qui le urne, Puigdemont ha votato in un paesino adiacente, Sant Joan de Vilatorrada.

Lo scrutinio, nel segreto dei collegi elettorali non visitati è iniziato alle 20. Confuso e incerto, sarà lungo e complicato: le prime proiezioni hanno dato il sì addirittura all'87%. Secondo la Generalitat l'87% dei seggi è rimasto aperto e il 90% degli aventi diritto ha votato, Madrid, ha dimezzato i dati.

Denunciate enormi irregolarità da parte dei votanti: molti si sono presentati in gruppi e in più seggi.

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