Cultura e Spettacoli

Emanuelli, che curriculum (mortis...)

Grande inviato e scrittore sperimentale. è rieditato da un editore coraggioso

Ascolta ora: "Emanuelli, che curriculum (mortis...)"

Emanuelli, che curriculum (mortis...)

00:00 / 00:00
100 %

Davide Brullo

Credetemi almeno questa volta, vi prego. Lo so, la bulimia culturale odierna porta all'asfissia delle emozioni. Ma questa volta credetemi: questo è un autore bravissimo e colpevolmente dimenticato, che ora un piccolo editore, Endemunde, sta per fortuna riscoprendo.

L'autore è Enrico Emanuelli, la cui vicenda è il paradigma della cultura italiana odierna, che tritura i talenti come pop corn. Nato a Novara nel 1909, amico di Mario Soldati (con cui, neppure ventenne, fonda la rivista Libra), esordisce alla letteratura nel 1928, con Memolo (riedito nel 2004 da Manni). Il libro piace, tanto da essere insediato, nel 1930, nell'antologia Scrittori nuovi, allestita dal duo Falqui-Vittorini. Emanuelli, come premio, trova lavoro. Viene assunto da Il Lavoro di Genova e mandato in Spagna. Poi lo spediscono in Africa. Comincia per Emanuelli una carriera da inviato speciale per Il Secolo sera, La Stampa e il Corriere della Sera. I suoi libri di viaggio (da Il pianeta Russia a La Cina è vicina) fanno scuola; né scade il piglio da romanziere: nel 1959 con Uno di New York vince il premio Bagutta. Proprio a New York, su carta intestata dell'hotel Lexington, Emanuelli, che morì d'infarto, a Milano, nel 1967, pianto più di tutti da Carlo Bo, scrisse il suo libro postumo e bellissimo, Curriculum mortis (Feltrinelli, 1968), lodato da Guido Piovene. Fin dalla struttura il libro, questa «cosa» magmatica e rapace, si dimostra geniale. Le prime 40 pagine sono una sorta di via Crucis in undici brevi stazioni liriche, ambientate, in un ambivalente flusso di coscienza, in una livida New York. Le altre 120 pagine sono delle «note» di vario genere che commentano con limpidezza giornalistica il flusso lirico precedente. Con voracità visionaria, Emanuelli ci fa fare un grand tour ubriaco dalla Finlandia di Erkki Kokko, uomo silvano «magro e gigantesco» che «parlava alle cose inanimate» alla chiesa di Axum e ci scorrazza da Benares a Shangai con Erodoto come baedeker e Montale come filosofo portatile. In sintesi, Emanuelli riesce a fondere con talento perverso l'avanguardia letteraria alla necessità morale, compie l'illecita unione del Gruppo 63 con il mito di Alessandro Manzoni.

Intanto di questo autore che può diventare un caso editoriale alla Morselli, il piccolo editore Endemunde negli ultimi tre anni ha ripubblicato i romanzi Un gran bel viaggio, del 1967, e Una lettera dal deserto, del '60.

Ora sarebbe bello rivedere in libreria Curriculum mortis.

Commenti