Cultura e Spettacoli

Marco Paolini dopo l'incidente stradale: "La parola omicida mi perseguita, non mi perdono"

Marco Paolini, dopo la condanna di omicidio stradale per l'incidente causato lo scorso 17 luglio, racconta per la prima volta ciò che è accaduto e il suo stato d'animo

Marco Paolini dopo l'incidente stradale: "La parola omicida mi perseguita, non mi perdono"

A distanza di quasi un anno dall’incidente stradale nel quale è morta una donna, Marco Paolini ripercorre quei momenti concitati e racconta il suo stato d’animo dopo la tragedia avvenuta sull’autostrada A4 Milano-Venezia, vicino a Verona, lo scorso 17 luglio.

L’attore, patteggiata una condanna a un anno di reclusione per omicidio stradale, pena sospesa con la condizionale, ha più volte ribadito di aver causato quell’incidente a causa di un colpo di tosse, malessere che lo stava accompagnando in quei giorni e che ha scoperto, solo in seguito, dipendesse da un polipetto in gola: “Era poco più che una piuma piantata in gola. Combinata con l’asma mi aveva reso quel periodo durissimo. Ora pare tutto a posto”. Intervistato dal Corriere della Sera, Marco Paolini rivive il momento dell’incidente: “C’era molto traffico. Impossibile correre. Si andava in colonna. Viaggiavo sulla corsia centrale. A un certo punto mi è tornato un attacco di tosse. E lì, come ho potuto rivedere nei fotogrammi di un filmato delle telecamere fisse di Autostrade, mi sono spostato sulla corsia di destra. E di colpo mi sono visto addosso alla macchina di Alessandra Lighezzolo e Anna Tovo. Loro erano su una 500, io su una station wagon. Un camion, in confronto. L’ho speronata. E l’ho vista volare sulla strada di sotto, sulla tangenziale. Dietro una siepe. Rovesciata. Per fortuna il traffico di sotto si fermò quasi subito. Senza ulteriori tragedie. Eravamo lungo una piazzola d’emergenza. Mi sono fermato, ho dato l’allarme[...]”.

“[...]Ricordo di aver ammesso subito che era stata colpa mia. Che ero io, il responsabile. Io ad avere sbagliato. Una signora di là della siepe, vedendomi molto agitato, mi gridò di non muovermi – ha continuato a raccontare l’attore su cui, ad oggi, pende la condanna di omicidio stradale - . [...]Ero lì, bloccato, stupito di non essermi fatto assolutamente niente mentre avevo gravemente ferito altre persone. Era una cosa che mi rendeva furibondo. Era ingiusto. Spaventoso”.

Undici mesi dopo quel giorno non è cambiato molto. Posso provare a capire me stesso. Ma non riesco a perdonarmi – ha detto ancora Paolini, che ha deciso di parlare dopo la sentenza emessa dal legislatore – [...] C’è scritto nero su bianco: “omicida stradale”. Capisco la parola usata dal legislatore. La capisco. Bisogna rendere le persone consapevoli del rischio che fanno correre agli altri quando guidano. È giusto. Ma la parola “omicida”...”. Un sostantivo che l’attore non riesce proprio ad accettare perché è una “condanna che non ha fine”.

Dopo l’incidente, Marco Paolini ha provato a mettersi in contatto con le famiglie delle vittime, ma non ha mai ricevuto risposta e questo silenzio lo comprende appieno. “Ho scritto privatamente a loro. Pur immaginando di essere, per loro, non voluto e molesto – ha spiegato - . Non ho ricevuto risposta. Capisco. L’avrei fatto anch’io. Poi ho scelto il silenzio. Ho pensato che qualunque cosa avessi detto sarebbe stata poco rispettosa nei confronti delle famiglie. Volevo anche non salire sul palcoscenico...”. Una decisione, questa, che ha rivisto nel tempo nonostante, dopo la tragedia, abbia più volte maledetto il suo mestiere e si sia sentito, spesso, fuori luogo sul palcoscenico. "L’unico modo per sparire era di cambiare mestiere. Ci ho pensato. Mi sono risposto di no. Questo ho, di lavoro. Non ne ho altri. Credo sia anche una questione di rispetto di me stesso. Non sarebbe stato giusto scappare. Ho cercato di andare avanti. Avendo chiaro che niente sarà più come prima [...] – ha continuato a raccontare - Ho “scelto” di farlo. Perché mi sono reso conto che più tempo avessi passato a tormentarmi nella mia stanza e più difficile sarebbe stato riprendere. Non avevo alternative. Ho una famiglia.

Un bambino”.

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