La casa editrice dal «cuore crociato e diviso», la chiamava Gabriele dAnnunzio. Il punto di riferimento familiare e imprescindibile di bibliofili e studiosi, diceva Rosario Assunto. Carica di onori, la Leo S. Olschki si affaccia al 2011 arrivando a 125 anni di ininterrotta attività ma dando laddio al suo patriarca Alessandro, che si è spento ieri mattina, alletà di 86 anni.
Da una antica villa alle porte di Firenze, dirigeva una delle poche, vere, case editrici del nostro Paese. Da quelle voltate stanze, ovattate da tappeti e mobili antichi, ove si respira laria dellofficina rinascimentale, Alessandro Olschki ha condotto per oltre cinquantanni limpresa fondata nel 1886 da suo nonno Leo Samuele e quindi trasmessa a suo padre Aldo. Esponenti per eccellenza di una editoria seria e meditata, gli Olschki fin dal principio hanno rifiutato le grandi tirature, preferendo il rigore scientifico di studi e saggi, prediligendo attività darchivio e di ristampa di opere antiche alla effimera sciattezza degli instant books.
Nel vasto mondo delle scienze umane (da sempre al centro degli interessi degli Olschki) i loro volumi si distinguono anche per la cura formale. Belli, ben rilegati, confezionati con carta preziosa, distanti anni luce dalle pile di volumacci incollati che affollano con arroganza le librerie. A confermare il carattere di moderne cinquecentine, i libri degli Olschki occhieggiano con discrezione dagli scaffali, in attesa del lettore smaliziato, tanto attento ai contenuti del volume quanto al piacere tattile del maneggiarlo. Non appare il logorio del tempo, sfogliando il catalogo della Olschki, ove titoli antichi di quasi un secolo sono disponibili quanto le nuove pubblicazioni.
Limpegno che Alessandro ha profuso nel lavoro era tanto quanta limmensa passione per le immersioni, che non solo lo hanno portato in giro per il mondo ma anche sono state, pochi anni fa, loccasione per raccogliere gli appunti di una vita in un inconsueto volume intitolato Scritti subacquei. Unesistenza, quella di Alessandro Olschki, consacrata al libro, «luogo ove la parola giace, ma insonne, pronta a farsi incontro, con passo silenzioso, a chi la sollecita». Una vita discreta, da portare a esempio ai tanti «tromboni» che imperversano nelleditoria, sulle pagine della carta stampata, negli stupidi festival.
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