L’aveva minacciato nei giorni scorsi e ieri ha mantenuto la parola. L’Anci, associazione che riunisce i Comuni italiani, ha annunciato la rottura delle relazioni istituzionali con il governo e contestualmente di ritirare tutte le delegazioni impegnate sui tavoli di concertazione. Uno strappo senza mezzi termini del «partito» trasversale e compatto dei sindaci di centrodestra e centrosinistra che accende lo scontro col governo sui temi caldi: in primo luogo sul Dpef, definito «contraddittorio», sugli «avanzi di amministrazione» e sul federalismo fiscale.
A guidare la «rivolta» è il presidente dell’Anci, Leonardo Domenici (nella foto) che spiega: «Va rivisto e reimpostato il rapporto tra governo e Comuni e per questo si è deciso di intraprendere questa iniziativa». Non un blocco totale però, perché «anche se abbandoniamo i tavoli di concertazione - continua - ci sentiremo comunque con le Regioni per cercare risposte ai problemi aperti». Nello specifico l’Anci chiede di intervenire in modo strutturale su tutte e tre le questioni. A partire dal Dpef in cui i Comuni rivendicano una maggiore centralità riguardo a settori cruciali come infrastrutture e sociale, abitazione e ambiente, trasporti e sicurezza. Anche sull’Ici viene invocato un «ridimensionamento della pressione fiscale sulla prima casa e una maggiore equità fiscale». Ma soprattutto chiarimenti sul modo in cui il governo intenderebbe sostituire i circa 2 miliardi di euro proveninenti dalla tassa sugli immobili: «Riteniamo insoddisfacente il decreto - ha sottolineato Domenici - non perché siamo contrari agli sgravi e al superamento dell’Ici ma perché non appare chiara la proposta sul gettito sostitutivo». «Non difendiamo - ha precisato - un’imposta che sta antipatica a noi come ai contribuenti ma le risorse che vengono da questa e che servono, voglio ricordarlo, per fornire servizi ai cittadini».
Infine sugli «avanzi di bilancio» si chiede al governo una profonda modifica del decreto che ne stabilisce l’utilizzo e la rivisitazione del patto di stabilità in modo da coniugare stabilità finanziaria e sostegno allo sviluppo. Intanto in attesa di un incontro straordinario con l’intero Consiglio dei ministri, giunge solidarietà bipartisan. Dal centrosinistra il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, ricorda che non c’è la volontà di fare i «Masanielli per assaltare il palazzo» e auspica un «confronto normale tra forze che hanno dignità istituzionali riconosciute dalla Costituzione». Pieno sostegno anche da Fabio Melilli, presidente dell’Unione province italiane, mentre ad aprire le danze dal centrodestra è il sindaco di Milano, Letizia Moratti, che boccia le proposte del governo e sottolinea: «Le politiche decise senza la necessaria condivisione da parte dei Comuni sono estremamente negative. È il principio che ci offende».
Ironizza il capogruppo della Lega alla Camera Roberto Maroni ricordando che «nemmeno noi eravamo riusciti a rompere con l’Anci» mentre per Adolfo Urso (An) «la rottura delle relazioni sindacali tra Comuni e governo è un evento clamoroso che evidenzia il disastro istituzionale in atto». Ad aprire una crepa nella maggioranza è il ministro per gli Affari regionali Linda Lanzillotta che si dice «dispiaciuta» ma ammette di «comprendere che una serie di decisioni hanno in qualche modo esacerbato i Comuni».
E fa anche mea culpa: «Ci siamo confrontati spesso e talvolta forse non sono riuscita a rappresentare ai miei colleghi di governo con sufficiente forza le ragioni dei Comuni. Mi auguro che il Consiglio dei ministri, nella sua integrità, potrà meglio valutare la situazione in un incontro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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