Ancora pochi i laureati italiani

I n Italia i laureati sono ancora pochi rispetto alle necessità del mondo del lavoro, eppure non vanno a ruba sul mercato. È quanto emerge dal XIII rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. Nel periodo 2004-2009, la quota di laureati nella popolazione di età 30-34 è cresciuta di 3,3 punti percentuali, partendo da un valore inferiore al 16%. Un livello molto lontano da quello, pari al 40%, che la Commissione Europea ha individuato come obiettivo strategico da raggiungere entro il 2020. Almalaurea sottolinea quindi, sulla scorta di alcuni dati, la necessità di maggiori investimenti nel nostro Paese in istruzione, ricerca e sviluppo. Ma sottolinea anche lo scarso peso degli investimenti privati: in Italia il concorso del mondo imprenditoriale è pari allo 0,65% del Pil mentre nella gran parte dei Paesi più avanzati il contributo delle imprese è almeno doppio. Il problema dell’Italia non è tanto quello dei «cervelli» in fuga, ma lo scarso appeal dei nostri atenei e centri di ricerca per studenti e ricercatori d’oltre confine. Per ogni cervello che entra, infatti, ne esce uno e mezzo.
Secondo l’indagine del Consorzio interuniversitario, i laureati specialistici biennali con cittadinanza italiana del 2009 che lavorano all’estero, a un anno dal titolo, sono il 4,5% (erano il 3% nel 2009).

Il 29% degli occupati all’estero proviene da ingegneria, il 16,5% dal gruppo linguistico, il 16% da quello economico-statistico e il 12% dal politico-sociale. A un anno dalla laurea, ha un lavoro stabile il 48% degli italiani occupati all’estero, 14 punti percentuali in più rispetto al complesso degli specialistici italiani occupati in patria.

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