Apocalittico e disintegrato

Luciano Bianciardi nasce a Grosseto il 14 dicembre 1922, da Atide, cassiere della Banca Toscana, e Adele Guidi, maestra elementare. Gli studi, svolti con molto profitto, lo condurranno fino alla laurea in Filosofia, ottenuta nel ’48 alla Scuola Normale di Pisa discutendo con Guido Calogero una tesi su John Dewey. Nel gennaio ’43 è chiamato alle armi; in luglio assiste al bombardamento di Foggia; dopo l’8 settembre si aggrega a un reparto inglese, come interprete. Dopo il periodo pugliese e la breve parentesi a Forlì, torna a casa. S’iscrive al Partito d’Azione, il cui scioglimento, nel ’47, lo delude moltissimo. Nell’aprile ’48 sposa Adria Belardi, dalla quale avrà due figli, Ettore e Luciana. Bibliotecario alla «Chelliana» di Grosseto, inizia a collaborare con alcune testate (Gazzetta di Livorno, Belfagor, Avanti!, Il Mondo). Dopo il trauma dell’esplosione alla miniera di Ribolla (4 maggio ’54) che uccide decine di minatori (alla vicenda dedica, con Carlo Cassola, I minatori della Maremma), parte per Milano, dove è chiamato alla costruzione della Feltrinelli. Qui conosce Maria Jatosti, che diviene la sua seconda compagna e che gli darà il terzo figlio, Marcello. Licenziato dalla Feltrinelli, intraprende una febbrile attività di traduttore (Bellow, Steinbeck, Huxley, Kerouac...).

Fra i suoi libri, quelli del filone autobiografico (Il lavoro culturale, L’integrazione, La vita agra, Aprire il fuoco) e quelli dedicati alla sua grande passione, il Risorgimento. Molti i racconti, comparsi su quotidiani e riviste. Di Bianciardi, Pino Corrias ha scritto anni fa una bellissima biografia, Vita agra di un anarchico. Bianciardi muore a Milano, il 14 novembre 1971.

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