Arrivano i referendum, e sull’acqua Bersani fa acqua da tutte le parti

Caro Granzotto, si prenda esempio dalla sinistra che è maestra di propaganda. Secondo me occorrono per i temi cruciali frasi brevi ma poste in rilievo e ripetute come un mantra: la privatizzazione dell’acqua nel 2006 la voleva Prodi e stava nelle liberalizzazioni di Bersani? Fatevi uno spazio e metteteci in caratteri molto evidenti la frasetta detta prima e mantenetela finché serve, aggiungendone altre come il «metodo Santoro-Ciancimino» che l’Ordine dei giornalisti s’è dimenticato di condannare mentre Feltri... Bisogna fare come la sinistra che considera gli italiani bambini e un po’ ha ragione.
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Adottare il metodo molto in voga tra i «sinceramente democratici» del tormentone (quello che lei chiama mantra, gentile lettrice) tornerebbe utile per rintuzzare la smisurata quantità di frottole e di fanfaronate della sinistra, anche se seguito a pensare che il vero problema sia di rendere evidente (e di immediata comprensione) all’opinione pubblica l’azione del governo. Far parlare i fatti, insomma. Per tornare al referendum (e relativi tormentoni) è chiaro come il sole che la sinistra se ne fa paladina parafrasando il vecchio grido di battaglia di Giancarlo Pajetta: tra la verità e l’antiberlusconismo, preferisco l’antiberlusconismo. Essa infatti è sempre stata favorevole alla liberalizzazione della fornitura dell’acqua, tanto da inserirla nel decretone del giugno 2006 - firmato dall’allora presidente del consiglio Romano Prodi e dai ministri Linda Lanzillotta, Pierluigi Bersani e Antonio Di Pietro - e che in seguito finì nel dimenticatoio per non urtare la sensibilità di un altro ministro, uno dei più pittoreschi (e sensibili) dell’Italia repubblicana: Alfonsino Pecoraro Scanio. Ma fin qui è la carta a cantare: il bello viene quando il suono è quello della voce di Bersani. È ormai diventato un «cult» il video del suo intervento - a favore della liberalizzazione - del 28 settembre 2008 in quel di Carpi. Intervento che i cultori della bersanianità ritengono fra i suoi più ameni soprattutto per l’incipit che è a dir poco fenomenale: «Vedete... l’acqua non è un bene comune...». Sgomento in sala. Pausa. E poi: «L’acqua è di Dio!». Sospiro di sollievo. Applausi perplessi dei compagni carpigiani presenti, ai quali probabilmente sembrò d’esser tornati ai tempi di Peppone e don Camillo. A riprova della malafede congenita di questi paraventi di sinistra, sarebbe bello far circolare anche un altro mirabile video, questo del febbraio scorso, dove un Nichino Vendola ospite di Annozero affermava compunto di aver ripubblicizzato l’acquedotto pugliese (una società per azioni) intorno al trentesimo o quarantesimo giorno del suo nuovo mandato. E cioè nel giugno del 2005. Balla sesquipedale perché la legge deve ancora essere approvata dal Consiglio regionale. Son fatti così, questi politici: è la malafede che marca la loro diversità antropologica, l’inganno consapevole. Le dice niente, gentile lettrice, il nome di Pierdomenico Martino? È un parlamentare diessino, portavoce del democristiano rosso Dario Franceschini.

Bene, quel Martino lì si batté come un leone tonitruante per denunciare lo scudo fiscale dietro il quale «troveranno copertura non solo i reati tributari - furono, quel 30 settembre 2009, le sue parole -, ma una serie molto più ampia fino al riciclaggio e alla corruzione». Due mesi dopo è corso a «scudarsi», riportando in Italia i 338.208 euri che inguattatò - riciclaggio? Corruzione? Evasione fiscale? - in Isvizzera.
Paolo Granzotto

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