Non ci sono più le feste di una volta. Non quelle dei grandi a base di «no party» o tequile bum bum o bibitoni energetici corretti vodka, parlo di quelle dei piccini, quelle per la creatura che compie gli anni con gli amichetti e le amichette da invitare. Non ci sono più le feste di una volta, quando la mamma lavorava un po' meno e organizzava la festicciola magari sentendo fuori scuola in gran segreto le altre mamme che lavoravano un po' meno. Non ci sono più le feste di una volta che c'era la torta, c'erano le candeline, la spuma da cento, l'aranciata e le patatine, tante patatine, e una stanza con 15 marmocchi felici dell'ammucchiata e felici di poter sconfinare nel corridoio accanto e persino nella cucina dove le mamme, non tutte le mamme, qualcuna lavorava, s'asseragliavano a bersi un caffè e di tanto in tanto davano un occhio al bulletto della classe che aveva fatto cadere la spuma sul parquet. Non ci sono più le feste di una volta quando te ne sbattevi del politically correct e non invitavi tutta la classe e allora potevi tenere quella manciata di piccoli barbari due ore in casa, danni previsti e calcolati e un po' ti divertivi. Non ci sono più perché ora sei una bestia se ti dimentichi qualcuno e sei un cafone se il biglietto non lo stampi con ghiri gori e colori laser jet e con l'indirizzo del luogo dell'evento che non è più un'abitazione ma un locale che ha fiutato il business e ci si è buttato a tuffo.
Qualche coraggioso che si porta in casa l'orda vociante resiste ancora, ma la maggior parte organizza tutto nei vari Pizza-gioca-babyqualcosa e alloratorio. Però gli spogli stanzoni di un oratorio sono in declino. Perché non fanno pendant con i ghiri gori degli inviti
Non esistono più le feste di una volta, quando 15 amichetti si sedevano attorno e il festeggiato apriva i regali ricordando per sempre il viso di ogni benefattore.
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