Il bonus per i poveri delude l’ultrasinistra: «È solo una mancia»

Sindacati e consumatori non commentano, insorgono gli ex Prc Scontenti anche i sindaci sullo sconto sull’Ici: «Dovranno rimborsarci»

da Roma

Se il governo aspettava applausi e ovazioni per il bonus ai cittadini meno abbienti, quelli che guadagnano 650 euro al mese e meno, ebbene la delusione dev’essere stata cocente. Il «colpo di teatro» che ha caratterizzato la notte della Finanziaria non è riuscito. Non una parola dai sindacati, non dalle associazioni dei consumatori (che invece continuano a protestare per la stangata d’autunno sui prezzi). Persino i senatori della «Sinistra critica» Cannavò e Turigliatto parlano, di «bonus-mancia, annullato dagli aumenti delle bollette e del pane». Forse perché si tratta di un’una tantum, che non si ripeterà; o forse perché l’entità è modesta (equivale alle 300mila lire di Giuliano Amato nella Finanziaria 2001), di fatto il bonus non ha avuto quella che si dice un’accoglienza scoppiettante.
Il fatto è che il governo ha preferito sparpagliare le risorse a disposizione in una marea di micro-interventi, piuttosto che puntare a poche, corpose scelte. Lo stesso sconto Ici prima casa è limitato ai cittadini con redditi fino a 50mila euro, e non potrà essere superiore ai 200 euro: le abitazioni esentate dall’imposta raggiungono il 30% del totale delle prime case. Lo «sconto» fiscale agli affittuari va da 150 a 300 euro, sempre a seconda del reddito (300 euro fino a 15.493,71 euro, e 150 euro fino a 30.987,41). Gli sconti Ici vengono criticati da Confedilizia, e dalle associazioni dei piccoli proprietari, che temono l’aumento delle rendite catastali. E già i Comuni si preoccupano per i mancati incassi. «Il taglio ci sarà rimborsato», assicura il presidente dell’Anci, Leonardo Domenici; ma i piccoli Comuni sono scettici, e denunciano che «sull’Ici regna il caos». Anche il cosiddetto «piano casa» si limita alla costituzione di una società pubblica per l’acquisizione, il recupero e la costruzione di immobili a uso abitativo: stanziamento, 150 milioni. E il viceministro Visco promette aiuti ai giovani per affittare casa, «se si troveranno le risorse».


La politica delle micro-provvidenze tiene insieme frigoriferi da rottamare e neo-laureati da inserire nel mondo del lavoro: chi sostituisce un frigo vecchio con uno nuovo di classe «A+» riceve un bonus fino a 200 euro; a trentamila giovani laureati del Mezzogiorno che fanno uno stage in un’impresa, andranno 400 euro per sei mesi. Per la ricerca vengono stanziati 80 milioni, una miseria. E altri 890 milioni per il sostegno del made in Italy. Ma per finanziare la rinuncia allo «scalone previdenziale», da qui al 2010 non basteranno 10 miliardi.

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